Lavoro , licenziamenti e contratto

by redazione | 9 Ottobre 2014 19:36

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ROMA Il contratto a tempo indeterminato diventa la «forma privilegiata» rispetto agli altri tipi di rapporto di lavoro, a partire da quelli a termine resi più flessibili pochi mesi fa. Per questo sarà «più conveniente in termini di oneri diretti e indiretti», cioè incentivato con un taglio dei contributi o dell’Irap, la tassa a carico delle imprese. Per le nuove assunzioni viene previsto il nuovo contratto a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, con l’obiettivo della «semplificazione, modifica o superamento» della lunga lista di contratti oggi esistenti, più di 40, riducendo così i margini per la precarietà.
Quando c’è il reintegro
L’emendamento del governo al Jobs act , il disegno di legge delega per la riforma del lavoro sul quale ieri notte il Senato era chiamato a votare la fiducia, conferma le anticipazioni degli ultimi giorni. Come previsto, le modifiche sui licenziamenti e sull’articolo 18 vengono rinviate ai decreti delegati, che il governo dovrà emanare entro sei mesi una volta che il Jobs act sarà legge, e quindi dopo l’approvazione anche da parte della Camera. Le regole si applicheranno alle nuove assunzioni (primo lavoro o cambio d’azienda). Cosa diranno le norme attuative, che arriveranno nel 2015, l’ha confermato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti nel suo intervento in Aula. Il reintegro nel posto di lavoro resta per i licenziamenti discriminatori, quelli motivati per esempio dal credo politico o religioso del dipendente. Sparisce del tutto per quelli economici, attribuiti alle difficoltà del mercato, per i quali resterà possibile solo un indennizzo crescente con l’anzianità di servizio. Mentre per i licenziamenti disciplinari, motivati dal comportamento del lavoratore, resterà solo per pochi casi, quelli in cui il magistrato accerterà una violazione grave da parte dell’azienda, che saranno comunque specificati sempre nelle norme attuative in modo da ridurre i margini di discrezionalità della giurisprudenza. Sul tavolo, però, resta anche l’ipotesi di consentire all’azienda di optare per l’indennizzo, a quel punto più alto, pure quando il magistrato disponga il reintegro. Una soluzione adottata ad esempio in Spagna.
Le norme attuative
Tutto questo, però, dovrà essere specificato nelle norme attuative. Come previsto, nel testo del Jobs act non ci sono riferimenti diretti all’articolo 18. Metterli avrebbe reso ancora più delicato il voto di ieri notte a Palazzo Madama, visto che l’argomento non è certo di quelli che uniscono. In questo modo il disegno di legge delega resta a «maglie larghe», e nei provvedimenti che dovranno entrare nei dettagli ci saranno margini di manovra più ampi per scrivere le nuove regole. Era quello che voleva il governo, visto che i decreti attuativi passeranno in Parlamento solo per un parere non vincolante e quindi la minoranza Pd avrà un minor potere di interdizione. Nelle ultime ore, però, era suonato a Palazzo Chigi un campanello d’allarme. Senza un riferimento nel ddl delega, le future norme attuative sull’articolo 18 potrebbero essere impugnate davanti alla Corte costituzionale per eccesso di delega, cioé perché vanno al di là dei paletti del testo votato dal Parlamento.
Troppo vago anche quel riferimento alla «eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi» che pure compare nel testo. Anche per questo il ministro Poletti è entrato nei dettagli delle modifiche nel suo discorso in Aula. Un intervento agli atti che potrà aiutare l’Avvocatura dello Stato in caso di ricorso.
Cambio di mansioni
Qualche ritocco dell’ultima ora è arrivato sul demansionamento, cioè la possibilità di assegnare al lavoratore mansioni inferiori rispetto alla categoria di appartenenza. L’operazione sarà possibile tenendo conto anche delle «condizioni di vita ed economiche del lavoratore». Ma, questa è l’aggiunta in extremis, i contratti nazionali o anche aziendali potranno prevedere «ulteriori ipotesi».
Le regole per i voucher
Sui voucher, i buoni utilizzati per le prestazioni occasionali che rappresentano la forma di lavoro più flessibile, si è arrivati ad un compromesso. Resta, come chiesto dalla minoranza pd, il tetto all’utilizzo annuale per singolo lavoratore, anche se questo non vuol dire che il vecchio limite dei 5 mila euro l’anno non possa essere alzato. Varranno in tutti i settori.
Il salario minimo
È stata recuperata la norma che consente l’introduzione anche in via sperimentale del compenso orario minimo. Viene limitato ai lavoratori che non sono tutelati da un contratto nazionale, al momento il 15% del totale. Ma un domani, se i contratti in scadenza dovessero essere disdettati o anche solo non rinnovati, il salario minimo potrebbe diventare una regola molto più diffusa. Sulle risorse si specifica che gli «eventuali risparmi» che arriveranno dalla revisione della cassa integrazione potranno essere destinati ai nuovi ammortizzatori sociali.
Lorenzo Salvia
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