Libertà dalla paura e dal bisogno. Nasce Cild

by redazione | 18 Ottobre 2014 8:56

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«I diritti non sono a com­par­ti­mento sta­gno ma sono inter­con­nessi, inter­di­pen­denti e indi­vi­si­bili». O non lo sono. Ha ragione Patri­zio Gon­nella, pre­si­dente della neo­nata Coa­li­zione ita­liana Libertà e diritti civili (Cild) che ieri ha tenuto il suo primo con­gresso nella sala Capri­ni­chetta di Piazza Mon­te­ci­to­rio. Un sog­getto resosi neces­sa­rio per ten­tare un salto di qua­lità nelle cam­pa­gne di advo­cacy che decine di asso­cia­zioni e ong pra­ti­cano ormai da decenni ma in modo forse troppo fram­men­tato, e che entra imme­dia­ta­mente a far parte dell’Euro­pean Liber­ties Plat­form (ELP), il net­work euro­peo di ong isti­tuito con il soste­gno della Open Society Foun­da­tion fon­data da George Soros, prin­ci­pale filan­tropo delle lotte per i diritti umani. Decine già le asso­cia­zioni che ade­ri­scono a Cild: da Anti­gone a Lascia­te­Cien­trare, da Par­sec a 21 Luglio, dall’Arcigay alla Luca Coscioni, dalla Società della Ragione al Forum dro­ghe, dall’Arci a Certi Diritti, e poi ancora Cit­ta­di­nan­zat­tiva, Luna­ria, Asso­cia­zione nazio­nale Stampa inter­cul­tu­rale, Diritto di sapere e molte altre.

Orga­niz­za­zioni che hanno spe­ri­men­tato tutti i limiti e le poten­zia­lità delle cam­pa­gne nazio­nali in favore dei diritti civili, in un Paese dove que­sti sono stati troppo a lungo subor­di­nati, anche nel pen­siero poli­tico della sini­stra, ai diritti sociali, come ha sot­to­li­neato il sena­tore Pd Luigi Man­coni. Eppure, vale la pena ricor­darlo, siamo il Paese dei Cie dove i migranti pos­sono rima­nere senza limiti di tempo ma non pos­sono entrare i sin­daci, dei gio­vani ita­liani che sono con­si­de­rati immi­grati per­ché i loro geni­tori hanno fatto il viag­gio, delle car­ceri peg­giori d’Europa, della legge sulle dro­ghe ille­gale, degli agenti di poli­zia non iden­ti­fi­ca­bili dai cit­ta­dini, della tor­tura che non è reato, degli sgom­beri e dei campi «nomadi» costati al comune di Roma in cin­que anni 60 milioni di euro (59.718.107) dove sono con­fi­nate 7 mila per­sone rom e sinti mai state «nomadi». Il Paese dove non si può sce­gliere come morire, né quando e come pro­creare, della ricerca scien­ti­fica limi­tata, della libertà di stampa minore che in Ghana, Roma­nia o Niger. Il Paese dove è ancora pos­si­bile essere rin­viati a giu­di­zio per un bacio omo­ses­suale con l’accusa di «disturbo alla quiete pub­blica», come è suc­cesso a Peru­gia, secondo l’interrogazione par­la­men­tare pre­sen­tata dal depu­tato di Sel Ales­san­dro Zan, con un bacio, anzi i baci, volu­ta­mente con­su­mati in pub­blica piazza tra tre cop­pie di atti­vi­sti per i diritti lgbti, alcune spo­sate all’estero, che avreb­bero a tal punto «disgu­stato i pas­santi» da dover far inter­ve­nire gli agenti della Digos.

Ecco, in un Paese così, come spie­gano i rap­pre­sen­tanti di Human Right Watch e Amne­sty inter­na­tio­nal, «senza atti­vi­sti locali che lot­tano, denun­ciano e ten­tano di inci­dere sulle leggi e sulla cul­tura nazio­nale, noi orga­niz­za­zioni inter­na­zio­nali non pos­siamo fare molto». Eppure, ricorda Aryeh Neier, ex diret­tore dell’American Civil Liber­ties Union e di Hrw, e pre­si­dente della Open Society Foun­da­tions, in tutto il mondo si sta ancora aspet­tando quell’«età d’oro per i diritti civili» che ci si aspet­tava si sarebbe «aperta dopo la caduta del muro». Per esem­pio, rac­conta Neier davanti a una sala stra­colma per­fino di gio­va­nis­simi, soprat­tutto stu­denti del liceo Vir­gi­lio che hanno pre­sen­tato un lavoro enco­mia­bile, «nel mio Paese, gli Usa, viviamo un’isteria nazio­nale dovuta a pochis­simi e iso­lati casi di Ebola che ha por­tato a pra­ti­che discri­mi­na­to­rie delle per­sone pro­ve­nienti dall’Africa occi­den­tale. E in Rus­sia Putin sem­bra essere inten­zio­nato a chiu­dere due delle prin­ci­pali ong per i diritti umani che sono soprav­vis­sute alla fine dell’Urss». Per que­sto motivo solo lavo­rando in rete a livello mon­diale si può ren­dere più effi­cace la tutela dei diritti umani. «Nel creare que­sta coa­li­zione in Ita­lia — con­clude Neier – non solo riu­sci­rete a raf­for­zare la lotta nazio­nale ma in siner­gia con altre orga­niz­za­zioni euro­pee por­te­rete que­sta bat­ta­glia a un livello superiore».

D’altronde che i tempi siano maturi, ripe­tono alcuni dei rela­tori, lo si capi­sce dal fatto che pur nella tena­glia della crisi eco­no­mica l’attenzione pub­blica ai diritti indi­vi­duali non dimi­nui­sce. Anzi. Attenti però, ammo­ni­sce Eli­gio Resta, filo­sofo del diritto dell’università Roma 3, (che inter­viene dopo il sot­to­se­gre­ta­rio Ivan Scal­fa­rotto, il mini­stro ple­ni­po­ten­zia­rio Gian Ludo­vico de Mar­tino, pre­si­dente del comi­tato inter­mi­ni­ste­riale per i diritti umani e il dele­gato del sin­daco di Roma, Sil­vio Di Fran­cia), a pen­sare che in que­sta era di «forte pre­do­mi­nanza della sfera pub­blica» i diritti civili pos­sano essere sle­gati dai diritti sociali, «dal dovere degli Stati». Il lavoro è tanto, soprat­tutto cul­tu­rale. Si dovrà ripor­tare l’attenzione sulle parole a comin­ciare dal con­cetto di libertà, esorta ancora Resta che sug­ge­ri­sce di pren­dere a pre­stito quel «canto della legge» che è il pre­am­bolo della Dichia­ra­zione uni­ver­sale dei diritti dell’uomo del 1948 in cui si cele­bra la «libertà dalla paura e dal biso­gno». «Vor­rei — con­clude il pro­fes­sore – che diven­tasse il grido di bat­ta­glia di que­sta Coalizione».

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