Sul Jobs act ci sarà la fiducia Renzi: fregheremo chi tifa contro

Sul Jobs act ci sarà la fiducia Renzi: fregheremo chi tifa contro

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ROMA «Riforme? Ce la mettiamo tutta, teniamo botta: non molliamo di un centimetro». Matteo Renzi, ospite della trasmissione Quinta colonna, su Rete4, rilancia la sfida sulle riforme, a cominciare da quella del mercato del lavoro. E dall’articolo 18, che «è un totem ideologico». Nessun accenno esplicito alla fiducia: eppure la decisione è presa e il governo chiederà un voto di fiducia su un maxi emendamento ad hoc che sarà presentato sul Jobs act nell’Aula di Palazzo Madama. Renzi poi fa un annuncio, sulla Tasi: «Appartiene al passato. Dal 2015 ci sarà un’unica tassa nei Comuni per case, strade, asili, giardini e servizi. Il Comune deciderà quale aliquota mettere e sarà responsabile davanti ai cittadini».
Il premier non si sottrae alla domanda sulla minoranza: «Non voglio polemizzare. C’è una parte del mio partito che è preoccupata perché magari non si fida di me. Li rispetto, non è facile quando tocca a un’altra generazione. Poi ci sono alcuni che dicono, bisogna decidere come si sta dentro un partito. Bene, io sono stato all’opposizione di Bersani e mica mi ha buttato fuori. Ora tocca a noi e non dobbiamo assolutamente buttare fuori nessuno. Dobbiamo arrivare a due partiti». Uno di centrosinistra e uno di centrodestra. Detto questo, «non vorrei che il diritto di veto fosse più forte del diritto di voto. Le minoranze devono ricordarsi che se hanno vinto gli altri, un motivo ci sarà. Magari sbaglio, non ho la verità in tasca, ma non mi va che ci sia qualcuno che pretende di bloccarci. Se qualcuno suggerisce una cosa diversa, bene. Ma l’importante è che non provochi il blocco. Perché siamo nella palude da 30 anni».
Renzi non ha intenzione di frenare. Nonostante i possibili agguati: «Prendete la legge di Stabilità: son tutti lì a tifare perché le cose vadano male. Ma li freghiamo». Questa mattina il premier incontrerà i sindacati, senza troppo entusiasmo: «Dovevo incontrarli. Almeno si fa alla svelta. Ma mi dà un po’ noia quest’immagine del tavolone della Sala verde. Che si fa? Si chiacchiera? Son vent’anni di tg che ci presentano riunioni dove si chiacchiera. A me basta concludere. Si può anche non essere d’accordo». Ecco cosa chiederà alle confederazioni. «Voglio chiedere se sono convinti che il problema è sempre di un altro o se vogliono dare una mano. Un po’ di colpa ce l’hanno i politici, ma c’è una responsabilità diffusa di tanti. Tra questi anche i sindacati. Io non voglio scardinare le regole del mercato del lavoro, ma le sembra normale che se uno ha 16 dipendenti è tutelato e se ne ha 13 no? Non è giusto».
Ed eccoci al punto, all’articolo 18: «Solo per i sindacati non si applica — attacca Renzi —. E rischia di essere una fonte di incertezza. Se l’imprenditore non ce la fa più, è autorizzato a licenziare. Purché non sia discriminatorio. Lo Stato però non deve lasciarle andare queste persone. Io prima ti do un po’ di soldi per andare avanti. E poi ti dico: non è che adesso stai qui a poltrire, fai dei corsi di formazione, poi ti offriamo dei posti. La prima puoi rifiutare, ma la seconda o prendi il posto o stai facendo il furbo».
L’articolo 18, spiega il premier, è fonte di paura per gli imprenditori: «Se interveniamo su questo, portiamo un sacco di imprenditori stranieri a investire in Italia». Rapido siparietto con Del Debbio, toscano come lui (ma di Lucca), che si riferisce a Berlusconi come al suo editore: «Noi con Berlusconi — spiega Renzi — si parla solo di riforme costituzionali e di riforme elettorali».
Capitolo Tfr. «Gli italiani son divisi», ammette Renzi. Ma poi aggiunge: «Meglio metterli da parte questi soldi? Succede solo in Italia che c’è uno Stato mamma che ti controlla. Io sarei per darti più soldi in busta paga». Ce la farà a fare le riforme, chiede Del Debbio? «Quando sono arrivato a Firenze, mi dicevano: questo vuol pedonalizzare Piazza del Duomo. Figurati, non ce l’ha fatta nessuno. Pum, una sera e si è fatto». E così sugli 80 euro: «Mi dicevano: non ci sono. E invece». Sull’Europa annuncia: «Se ci mettiamo un anno in più ad arrivare a questo pareggio di bilancio, va bene comunque».
Alessandro Trocino



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