Infermiera colpita da Ebola in Texas «Infranto il protocollo, altri a rischio»

by redazione | 13 Ottobre 2014 10:40

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NEW YORK Il primo caso di Ebola scoperto negli Stati Uniti. Il primo morto nel Paese per questa tremenda malattia. E adesso anche il primo caso di trasmissione del virus al personale sanitario che stava curando Thomas Eric Duncan, il paziente arrivato malato dall’Africa. Fin dall’inizio Dallas si è sentita la «ground zero» di Ebola negli Usa. Ma ora, col primo caso di contagio, l’allarme rischia di diventare panico, la paura può trasformarsi in rabbia: per la città, per il Texas e anche per tutta l’America questo è il primo vero test della tenuta delle strutture sanitarie e anche della tenuta psicologica del personale medico e dei cittadini in un Paese che ha sempre saputo di essere esposto a rischi di questo tipo.
Mentre l’America osserva attonita, nella grande città del Texas la reazione è di compostezza, ma le televisioni cominciano a chiedersi fino a che punto ci si possa fidare di autorità sanitarie e politiche che, dopo il primo errore del Presbyterian Hospital (ha rimandato a casa un paziente appena arrivato dalle zone contaminate dell’Africa con la febbre alta), hanno continuato a minimizzare i rischi e, forse, non hanno imposto al personale medico che è stato a contatto con Duncan le necessarie precauzioni .
Adesso, se il caso di contagio verrà confermato, il tentativo di evitare che il virus si diffonda entrerà in una fase molto più delicata: reclutare sanitari per le squadre anti Ebola sarà più difficile, mentre il personale più addestrato, quello che ha curato Duncan, da oggi è tutto sotto osservazione e quindi, probabilmente, in isolamento. Il sindaco Mike Rawlings e le altre autorità della contea cercano di rassicurare la cittadinanza: i vigili del fuoco hanno disinfestato l’abitazione dell’infermiera contagiata e tutte le case del vicinato sono state visitate per accertarsi che la donna non abbia avuto contatti fisici coi suoi vicini nelle ultime due settimane. Procedure simili a quelle alle quali sono stati sottoposti i residenti della casa che ha ospitato Duncan al suo arrivo dalla Liberia.
Ma adesso sono in molti a chiedere come vengono condotte queste disinfestazioni, e se i vigili del fuoco abbiamo presto tutte le necessarie precauzioni. C’è, però, anche uno spiraglio di luce: nessuna delle persone che sono state a contatto con Duncan prima del suo ricovero ha manifestato sintomi della malattia, anche se presto per dichiararle fuori pericolo non essendo ancora trascorsi i 21 giorni nei quali il virus può restare in incubazione.
Anche l’ottimismo iniziale circa la possibilità di arginare l’epidemia con ZMapp , il vaccino appena sperimentato da una società americana, la Mapp Biopharmaceutical di San Diego che produce il farmaco in Kentucky, sta venendo meno: le scorte del siero, somministrato ai primi volontari andati in Africa per curare i malati di Ebola e rimasti loro stessi contagiati, sono esaurite. La piccola fabbrica lavora a pieno ritmo per produrre quantitativi maggiori di questo siero, cercando di estrarre le sostanze antivirali, oltre che dalle foglie di tabacco come fatto fin qui, anche dalle cellule di un particolare tipo di criceti cinesi. Ma ci vorrà tempo e comunque non c’è alcuna certezza che ZMapp sia veramente efficace, visto che è stato sperimentato solo su sette pazienti. Agli altri vengono somministrate altre sostanze antivirali, anch’esse sperimentali, della Chimerix e della canadese Tekmira .
Massimo Gaggi

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