by redazione | 25 Ottobre 2014 11:48
NEW YORK . Ebola a New York. Un medico, Craig Spencer, è risultato positivo al virus. È il terzo contagiato. E ieri sono scattate le prime misure per prevenire l’epidemia: tutti gli operatori sanitari che, provenienti da Liberia, Sierra Leone e Guinea (i tre Stati dell’Africa occidentale dove è diffusa l’infezione), atterreranno negli aeroporti di New York, saranno posti automaticamente in quarantena. Il primo passeggero con quei requisiti — un infermiera proveniente dall’Africa Occidentale — è già stato isolato in quarantena subito dopo l’atterraggio. Una delle due prime persone contagiate, intanto, un’infermiera, è guarita ed è stata ricevuta da Obama.
Craig è un “medico senza frontiere”. C’era da combattere il virus e lui, conosciuto, dicono i suoi amici, per essere uno pronto ad andare «in ogni area di crisi per aiutare chi ne ha bisogno» era volato in Guinea, uno dei tre paesi dell’Africa occidentale ad alto rischio. Da giovedi è ricoverato al Bellevue Hospital Center, il più antico ospedale degli Stati Uniti (1736), contagiato e positivo ai test e in isolamento totale. Niente panico, tranquillizza subito i newyorchesi Bill de Blasio, «non c’è alcuna ragione per essere allarmati, stare accanto nella metropolitana o vivere vicino a chi ha contratto il virus non rappresenta di per sé un rischio». Lui stesso ieri ha viaggiato in metro per dimostrare che non c’è nessun pericolo. Niente panico, aggiunge il governatore Andrew Cuomo, New York non è Dallas, «abbiamo avuto il tempo di prepararci, la situazione è perfettamente sotto controllo».
Craig — 33 anni, specializzato in medicina d’emergenza al New York Presbyterian Hospital della Columbia University e membro di Medici Senza Frontiere — da quando il 17 ottobre è atterrato al Jfk (con un volo che ha fatto tappa a Bruxelles) fino a quando, giovedì, ha capito di avere contratto il virus, di gente nella Grande Mela ne ha incontrata tanta. E adesso quei sei giorni vengono passati al setaccio. Dal momento del rientro negli Stati Uniti Spencer si era auto-controllato, si misurava la febbre due volte al giorno e martedì si era sentito un po’ più stanco del solito. Solo giovedì 23 ottobre, quando ha visto che la febbre gli saliva (neanche tanto, era arrivata a 38 gradi), che i dolori gastrointestinali erano troppo forti, da bravo medico ha immediatamente capito. E si è fatto ricoverare d’urgenza. Ma solo il giorno prima, mercoledì, aveva fatto jogging per 5 km, aveva preso la “subway”, era andato a giocare a bowling, era tornato in taxi a Manhattan. Sono tre le persone che hanno avuto con lui i contatti più frequenti — la sua fidanzata e i due suoi più cari amici — e tutti e tre sono adesso in totale isolamento. Nessuno di loro, al momento presenta alcun sintomo della malattia, ma l’incubazione dura fino a tre settimane.
Il sito web Mashable ha ricostruito gli spostamenti di Spencer. L’appartamento ad Harlem (ora sigillato), la linea 1 della subway, la visita alla High Line, di nuovo la linea 1, poi la A, la L, la metro che porta a Brooklyn, una sala da bowling, il Meatball shop. Spencer è la nona persona ricoverata, ma solo due avevano contratto il virus: le infermiere dello staff medico del Presbyterian Hospital di Dallas dove è morto il “paziente zero” Thomas Duncan. Una delle due, Nina Pham, ieri è stata dimessa, guarita. Ebola è arrivata nella più grande metropoli del Paese, nel giorno in cui l’Oms annuncia i test con 200 mila fiale di vaccino in Africa Occidentale entro dicembre e milioni di dosi entro il 2015.
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