Divorzio più facile anche con i figli piccoli

Divorzio più facile anche con i figli piccoli

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ROMA La mediazione è maturata a tarda sera, il ministro della Giustizia Andrea Orlando era arrivato apposta per questo in commissione Giustizia del Senato. E alla fine sì, la commissione di Palazzo Madama ha deciso: il divorzio facile si potrà fare anche in presenza di figli minori o disabili.
Per divorzio facile si intende una negoziazione assistita da due avvocati: saltare il passaggio del giudice è ciò che ispira tutta la filosofia del decreto legge sulla giustizia civile, l’obiettivo di snellire le cataste elefantiache di pratiche che intasano i tribunali d’Italia. Tuttavia i senatori della commissione Giustizia una tutela per i figli di coppie separate minori o disabili hanno voluto lasciarla prevedendo un passaggio presso un pubblico ministero.
Questo dovrà valutare se l’accordo risponde all’interesse dei bambini. Se favorevole alla prole lo autorizzerà, altrimenti dovrà trasmetterlo entro cinque giorni al presidente del Tribunale. Quest’ultimo dovrà convocare le parti entro 30 giorni per valutare la situazione.
È tutto tranne che facile il percorso della nuova normativa sul divorzio. Questa di un divorzio con negoziazione assistita da due avvocati è stata una norma inserita nel decreto sulla giustizia civile, tanto caro al ministro della Giustizia, insieme all’altra norma che prevede la possibilità di divorziare davanti all’ufficiale civile. Una piccola rivoluzione che ha avuto a fine agosto la benedizione del Consiglio dei ministri. Non è però riuscito il blitz di inserire nel decreto del governo anche il disegno di legge sul divorzio breve.
A Palazzo Madama ci hanno provato. La senatrice Rosanna Filippin, del Pd, aveva presentato un emendamento ad hoc: chiedeva di inserire nel decreto legge sulla giustizia civile il testo del ddl sul cosiddetto divorzio breve approvato prima dell’estate a Montecitorio.
Il divorzio breve, ovvero: la possibilità di ridurre da tre a un anno il tempo per poter divorziare dopo la separazione. Addirittura arrivare a sei mesi, quando non ci sono figli e tutta la questione del matrimonio fallito non ha generato conflitti fra i due coniugi.
A Palazzo Madama ci hanno provato: in commissione Giustizia avevano trovato pure l’accordo per approvare l’emendamento Filippin ed infilare nel decreto il testo di legge, facendogli saltare tutti i passaggi e i dibattiti. Erano convinti dell’accordo anche gli esponenti di Forza Italia, con il loro presidente della commissione, Francesco Nitto Palma, ma anche tutti quelli del Movimento 5 Stelle insieme, ovviamente, al Partito democratico. Ma proprio in zona Cesarini — ieri sera a riunione di commissione iniziata — è arrivato l’altolà del governo.
Una richiesta esplicita: ritirate quell’emendamento. Eppure avrebbe avuto un senso mettere insieme la parte temporale (il divorzio breve, appunto) con la sparte «spaziale» (il divorzio facile), così da uniformare in un unica norma la riforma di un istituto come il divorzio che da noi era rimasta piuttosto datata, fermo ad una revisione di metà degli anni Ottanta, quando vennero abbassati a tre anni i cinque anni di tempo previsti per passare dallo stato di separati a divorziati.
Oggi l’aula di Palazzo Madama comincerà l’esame della riforma licenziata dalla commissione Giustizia .
Alessandra Arachi



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