Il decreto sblocca cemento

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Non è solo Genova ad affon­dare a sca­denze tem­po­rali sem­pre più rav­vi­ci­nate. È l’Italia intera che rischia di crol­lare sotto i colpi dell’abbandono, della cul­tura della manu­ten­zione e della pro­gres­siva cemen­ti­fi­ca­zione del territorio.

L’Italia paga un prezzo inau­dito in ter­mini di per­dite di vite umane, di lavoro e di ric­chezza di fronte a quello che sta avve­nendo. Il decreto « Sblocca Ita­lia » di Mat­teo Renzi, all’articolo 7, stan­zia 110 milioni per la ridu­zione del rischio idro­geo­lo­gico in Ita­lia. All’articolo 3 ven­gono invece desti­nati quat­tro miliardi di euro al sistema delle «Grandi opere», che è affon­dato nella cor­ru­zione e ha vuo­tato le casse dello Stato. È que­sta la ver­go­gna dello « Sblocca Ita­lia », di fronte a un Paese che affonda nel fango i soldi ven­gono dati sem­pre e sol­tanto a opere spesso inutili.

C’è un altro ele­mento da sot­to­li­neare. Di fronte all’ennesimo disa­stro di Genova, oggi tutti si strac­ciano le vesti sul fatto che a causa di un ricorso ammi­ni­stra­tivo di un’impresa che non aveva vinto l’appalto, i soldi per risa­nare la città erano rima­sti fermi dopo la pre­ce­dente deva­stante allu­vione di tre anni fa.

È la respon­sa­bi­lità dei governi ad aver pro­vo­cato quel blocco dei soldi, per­ché a furia di sem­pli­fi­care e acce­le­rare sono sal­tate tutte le regole della tra­spa­renza dell’azione dello Stato ed è dun­que ine­vi­ta­bile che le imprese che si sen­tono escluse ingiu­sta­mente, cer­chino di difen­dere il pro­prio diritto, spe­cie in tempi di crisi.

La grande azione che dovrebbe essere com­piuta da un governo degno di que­sto nome, sarebbe dun­que quella di rico­struire le regole che hanno distrutto la Pub­blica ammi­ni­stra­zione in Ita­lia. Si con­ti­nua invece, come fa il decreto « Sblocca Ita­lia », ad aumen­tare la discre­zio­na­lità delle pub­bli­che amministrazioni.

E toc­chiamo così l’ultimo punto del decreto che con­ti­nua ad indi­care nella buro­cra­zia la respon­sa­bi­lità di qual­siasi ritardo nella rea­liz­za­zione delle opere. Non è vero, in primo luogo per­ché da anni la buro­cra­zia non esi­ste più, sosti­tuita da diri­genti scelti in piena auto­no­mia dalla poli­tica e ad essa ubbi­dienti. È dun­que colpa della mala poli­tica se lo Stato non fun­ziona, e la causa vera dei ritardi del sistema Ita­lia va tro­vata nell’assurdo numero delle Grandi Opere inse­rite nell’elenco sta­tale. Sono 504 e anche un paese molto più attrez­zato del nostro avrebbe dif­fi­coltà ad attuarle. Biso­gne­rebbe dimi­nuirle ma così facendo si scon­ten­te­reb­bero, evi­den­te­mente, le grandi lobby del cemento.

L’Italia con­ti­nua dun­que ad affon­dare nel fango per­ché il governo Renzi non ha il corag­gio di creare e dotare di cospi­cui finan­zia­menti un nuovo Mini­stero di cui c’è urgente biso­gno: quello della cura del ter­ri­to­rio ita­liano per difen­derci dalle allu­vioni e dal fango che lo sta sommergendo.



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