by redazione | 2 Ottobre 2014 16:21
BRUXELLES – Si stava meglio quando si stava peggio? Apparentemente no, se dobbiamo dar retta all’ultimo rapporto del consorzio di storici olandesi CLIO-Infra, pubblicato in collaborazione con l’Ocse, che compara diversi indicatori economici e sociali quali il PIL pro capite, i livelli di analfabetismo, la distribuzione del reddito, le diseguaglianze di genere, il rispetto dell’ambiente, la salute e la sicurezza della persona nell’arco degli ultimi duecento anni.
“How was life[1]” (com’era la vita) rileva che, dal 1820 ai giorni nostri, il benessere generale delle persone è cresciuto sensibilmente in quasi tutti i venticinque paesi e le otto macroaree analizzate, salvo che nell’Africa subsahariana. A tale crescita, però, non ha corrisposta sempre una diminuzione proporzionale delle disuguaglianze sociali che, se dalla fine dell’Ottocento agli anni Settanta si sono sensibilmente ridotte, hanno poi ricominciato a salire fino a oggi. In particolare, i paesi dell’Europa dell’Est hanno visto le disuguaglianze sociali crescere esponenzialmente dopo la caduta dei regimi comunisti, e anche la Cina ha recentemente registrato un sensibile aumento delle differenze di reddito fra i più poveri e più ricchi.. Più in generale, dagli anni ottanta a oggi, la globalizzazione ha contribuito a ridurre le differenze di reddito pro capite fra paese e paese, ma ha portato a un aumento della disuguaglianza fra i cittadini.
Per dare qualche dato, il salario reale di un lavoratore manuale, al netto dell’inflazione, è aumentato globalmente di otto volte dal 1820, mentre il PIL pro capite è cresciuto di dieci volte nello stesso periodo. Il numero di alfabetizzati è passato da meno del 20% fino a raggiungere l’80%, mentre secondo lo studio non c’è una diretta proporzione fra il PIL pro capite di un paese e i livelli di benessere, educazione, uguaglianza sociale e sicurezza della persona.
La discrasia fra l’aumento della ricchezza a disposizione e la diminuzione, non così rapida né di portata tanto ampia, delle disuguaglianze sociali, si può vedere bene se si guarda proprio all’esempio dell’Italia: nel nostro paese, infatti, il PIL pro capite è cresciuto di circa dodici volte dal 1820 a oggi, passando da 1511 a 18526 dollari, ma il coefficiente di Gini, che misura il livello di disuguaglianza in una società (più alto è più è alta la disuguaglianza), è sceso solo da 0,54 nel 1820 a 0,37 nella decade 2000-2010 (era a 0,33 fra il 1990 e il 2000, il che indica una recente tendenza alla crescita della disuguaglianza in Italia). In generale, i paesi più diseguali restano il Brasile (con un coefficiente Gini di 0,61), il Sudafrica con 0,55 e l’Egitto con 0,54 (quest’ultimo esempio è particolarmente interessante perché negli anni ‘cinquanta aveva un coefficiente Gini di appena 0,39).
Fra gli altri dati significativi, lo studio rileva che il potere di acquisto di un muratore italiano è aumentato di oltre 33 volte dal 1820 a oggi. Inoltre in media, nel 1870, un italiano riceveva solo 0,8 anni di istruzione scolastica, mentre oggi ne riceve 10,3. L’aspettativa di vita – che nel 1870 era di 32,7 anni, dopo il duemila ha superato gli ottanta. L’italiano del 1820 era alto in media 165,8 centimetri (l’altezza è presa dal rapporto come uno dei parametri di giudizio della salute generale della popolazione), mentre fra il 1980 e il 1990 l’altezza media in Italia aveva raggiunto i 174,5 centimetri.
Infine, Il numero di omicidi, nel nostro paese, è sensibilmente calato: erano in media 8 le persone uccise per centomila abitanti nel 1820, mentre sono 2,5 dopo il 2000 (ma il minimo di omicidi si è toccato negli anni 60, con appena 1,2 morti per centomila abitanti). (Maurizio Molinari)
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