La Comune di Hong Kong «Stiamo vivendo un sogno»

by redazione | 2 Ottobre 2014 9:48

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HONG KONG Ad Admiralty, sul cavalcavia della superstrada, c’è uno striscione con la scritta «Do you hear the people sing?». Il motivo preso dal musical «I Miserabili» è diventato la colonna sonora degli studenti che da cinque notti occupano la city. E ieri la voce di questo popolo di decine di migliaia di giovani ha lanciato un ultimatum: «Il Chief Executive di Hong Kong, CY Leung, deve dimettersi entro oggi, altrimenti comincerà l’occupazione dei palazzi governativi». Che farà a quel punto la polizia che dopo aver attaccato la folla domenica sera è stata ritirata?
Sulle sei corsie di Harcourt Road da giorni non passa un’auto. Solo il fiume calmo di ragazzi in maglietta nera e fiocco giallo del movimento democratico. E ora sono spuntati gazebo per ripararsi dal sole afoso e dai temporali; e tende da campeggio, perché in tanti passano qui la notte. Da una canadese spunta la testa occhialuta di Ivan Cheung, 19 anni. Lui è un dimostrante della prima ora, ha cominciato con il boicottaggio delle lezioni dieci giorni fa. «Quella è stata la cosa più facile», ride. Ma poi, quando venerdì scorso hanno deciso di andare davanti al palazzo del governo, di scavalcare i cancelli, la cosa si è fatta dannatamente seria. «Non eravamo più di duecento, quando la polizia ci ha trascinato via uno a uno ho pensato che fosse finita lì, sono state ore brutte. Ma al mattino sono arrivati altri, in tanti. E poi c’è stata la prima grande manifestazione di domenica e la polizia ci ha attaccato e la gente in strada è aumentata ancora».
Dopo la violenza le autorità locali stanno usando la tattica dell’attesa, pensano di far stancare i dimostranti e far perdere la pazienza alla gente che non prende posizione ma vede le strade impraticabili, gli autobus e i tram soppressi, i negozi e diverse banche chiusi. Tutto sommato qui a Harcourt Road, tra le tende e i banchetti che distribuiscono biscotti e ventagli si socializza, ci si diverte un sacco, o no? «Divertirsi non è l’espressione giusta, io dico che sono felice, siamo felici. Guardati intorno, siamo pacifici, non abbiamo capi ma solo portavoce. Sai, Hong Kong è una città che discrimina molto, tutti divisi dai propri affari, dagli studi, dai soldi. Ma qui ora c’è mischiata gente di tutti gli strati sociali. Il mio compagno di tenda fa l’operaio, di giorno lavora da manovale, la sera viene con noi. E poi ci distribuiamo i compiti e le cose, ci preoccupiamo l’uno dell’altro e tutti della nostra città. È una cosa che non avevo mai visto a Hong Kong, dove la gente di solito si innervosisce nel traffico, ti guarda male se solo la sfiori camminando tra la folla: ora no, tutti rilassati, sorridenti, uno spirito che non credevo esistesse. Ho trovato che in queste strade che abbiamo bloccato c’è una società di sogno».
Insomma, Ivan ci sta spiegando che davanti all’Admiralty è nata una Comune? «Diciamo che si è creata una forma di comunismo supremo, non il socialismo con caratteristiche cinesi di cui parlano a Pechino».
Ivan Cheung non è uno scemo, è figlio di un operaio che lavora con il martello pneumatico per le fondamenta dei grattacieli che sono il vanto della Hong Kong snodo finanziario dell’Asia. «La notte dei lacrimogeni, domenica, lui e mamma guardavano in diretta tv, si sono preoccupati e sono usciti a cercarmi. Mi hanno chiesto di non fare pazzie, ma non mi hanno detto di andar via con loro. Papà è una brava persona, anche lui vuole che Hong Kong sia democratica, ha deciso di rischiare il suo futuro, che sono io, per questo. Non lo voglio deludere. Lo so che non durerà a lungo, ma per ora facciamo del nostro meglio e siamo felici».
Quanto pensate di restare? «Se le autorità non ci rispondono dovremo alzare il livello della protesta. Qualcuno suggerisce di marciare sul palazzo del governo. A me sembra una cosa difficile, perché la polizia a quel punto non potrà stare a guardare. Bisogna pensarci».
Il 1° ottobre è la festa della fondazione della Repubblica popolare cinese. Mentre il centro di Hong Kong era occupato da 550 mila persone che chiedono elezioni libere e le dimissioni del proconsole cinese, lui, il governatore CY Leung, commemorava al chiuso. L’inviato speciale di Pechino, il signor Zhang Xiaoming, durante il brindisi a Hong Kong ha ostentato sicurezza: «Il sole sorge come al solito». Da Pechino guardano e ammoniscono: «Un pugno di persone sfida la legge e provoca, alla fine pagheranno le conseguenze delle loro azioni», ha scritto il Quotidiano del Popolo . Girando abbiamo visto un altro grande striscione che dà forza a Ivan Cheung e alla sua Comune di Admiralty: « We may say I’m a dreamer, but I’m not the only one ». No, almeno per ora Ivan sogna, ma non è solo: ieri erano in mezzo milione.

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