Il presidente della Catalogna Artur Mas ha dato la notizia dopo una riunione con i quattro partiti favorevoli alla consultazione popolare in preparazione da oltre due anni. Ha precisato che non c’erano sufficienti garanzie giuridiche per una votazione e ha proposto una specie di alternativa: organizzare un «processo di partecipazione popolare» per capire la volontà dei catalani sul futuro politico della loro comunità. Secondo la stampa spagnola[4] è molto probabile che l’alternativa consista nella proposta delle elezioni regionali anticipate, nella speranza che portino a una larghissima vittoria dei partiti favorevoli all’indipendenza. Nella giornata di oggi si avranno comunque maggiori notizie.
Il testo del decreto sul referendum era stato approvato[5] dal Parlamento catalano il 19 settembre scorso, il giorno in cui erano arrivati i risultati del referendum fallito sull’indipendenza della Scozia. La legge di fatto inseriva in un quadro giuridico la convocazione di un referendum indipendentista in Catalogna, soprannominato 9-N dalla stampa spagnola. Utilizzando la parola “consultazione”, la legge aveva provato ad aggirare la Costituzione spagnola, che all’articolo 22 non permette che si tengano referendum se non includono tutti i cittadini del paese: attribuisce cioè allo stato la competenza esclusiva di indire un referendum e impedisce che una sola comunità possa convocarne uno sull’autodeterminazione.
La Catalogna è una regione nordorientale della Spagna di quasi otto milioni di abitanti (circa il 19 per cento della popolazione del paese, che produce il 19 per cento del suo PIL): ha come capitale Barcellona e possiede una propria fortissima identità culturale e storica, a cominciare dalla lingua, il catalano. Dispone già di un proprio parlamento nell’ambito di un complesso sistema di autonomie, che da tempo lavora allo svolgimento di un referendum consultivo sull’indipendenza. Fin dall’inizio, il percorso verso il referendum era stato piuttosto complicato: il parlamento catalano aveva annunciato il referendum alla fine del 2013 basandolo su una dichiarazione di sovranità approvata un anno prima, che però la Corte Costituzionale aveva in seguito dichiarato illegittima.