Il Brasile sceglie il presidente La grande paura per « Dilma II »

by redazione | 5 Ottobre 2014 19:29

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RIO DE JANEIRO Chi ha paura di Dilma II? Da molti anni la vigilia di una elezione presidenziale in Brasile non era così nervosa. Con ogni probabilità il voto di oggi non sarà risolutivo: i sondaggi indicano una tendenza al ballottaggio, previsto per il 26 ottobre. Dilma Rousseff, la presidente in carica, è saldamente in testa e rimane la grande favorita in tutti gli scenari. Il che sta provocando da giorni una piccola burrasca finanziaria: dollaro alle stelle, Borsa a picco, fuga di capitali. Quasi come nel 2002, alla vigilia della prima elezione di Lula, all’epoca visto come spauracchio dai mercati. Poi tutto rientrò e il Brasile iniziò un periodo formidabile di crescita e riduzione della povertà, anche grazie alla conversione all’ortodossia economica dell’ex sindacalista arrabbiato.
La Rousseff non è mai stata amata dal mondo imprenditoriale, né dai mercati. E lei ricambia. Ora il timore è che un secondo mandato porti alla radicalizzazione di alcune sue convinzioni. In campagna elettorale Dilma ha negato che il Brasile, da tempo a crescita prossima allo zero, abbia un problema di inflazione o di squilibrio fiscale, contro tutte le evidenze. La colpa, dice lei, è la perdurante «crisi internazionale». Sotto il suo governo, la spesa pubblica è cresciuta e alcuni prezzi (benzina, energia) sotto stati tenuti artificialmente sotto controllo. E’ saltato il rigore dei conti voluto per otto anni da Lula, ed è cresciuto l’interventismo dello Stato in economia. I più pessimisti arrivano a prefigurare per il Brasile un futuro populista, in salsa argentina o venezuelana. Anche in altri campi la Rousseff ha espresso convinzioni che hanno fatto rumore. Prima indicando la necessità di «un controllo economico dei media», poi salendo sulla pedana dell’Onu a New York per condannare, unico leader occidentale, l’uso della forza l’Isis. Solo propaganda elettorale? «Non credo, la Rousseff è molto testarda e ideologica, c’è un timore vero per le sue prossime mosse — dice il top manager di una multinazionale, che preferisce l’anonimato —. Crede al controllo dell’economia, non delega e non ascolta consigli. Persino quelli di Lula, che l’ha creata come leader».
Per recuperare nei sondaggi, che all’inizio la vedevano in difficoltà contro l’outsider Marina Silva, Dilma ha attaccato gli avversari accusandoli di essere al soldo dei banchieri e delle vecchie élites. Ha rivendicato le mani dello Stato su petrolio ed energia, spaventato decine di milioni di famiglie povere che ricevono soldi dal governo sostenendo che avrebbero perduto i benefici in caso di una sua sconfitta. Il marketing spregiudicato, insieme all’enorme vantaggio di tempo nella propaganda tv, hanno avuto effetto. In due settimane i sondaggi che la vedevano sconfitta al secondo turno contro Silva si sono ribaltati. Da quel momento il real, la moneta brasiliana, ha perso quasi il 10 per cento sul dollaro e le azioni delle grandi imprese pubbliche sono crollati anche del doppio. Un panico chiamato Dilma II. Quando le è stato fatto notare il problema, lei ha risposto sprezzante: «È ridicolo. E manipolato».
Il dubbio principale, stasera alla chiusura dei seggi, è chi sarà l’avversario della Rousseff al ballottaggio: l’ambientalista, nera ed evangelica Marina Silva, o l’energico liberale e pragmatico Aécio Neves. I due si stanno contendendo il secondo posto. Poi la battaglia proseguirà per altre tre settimane. La squadra di governo preferirebbe vedersela con Neves, che ha scarsa presa sull’elettorato più povero e del Nord-Est, mentre con la ex companheira Marina le sovrapposizioni sono più evidenti. Dopo dodici anni al potere il Partito dei Lavoratori di Lula e Dilma ha in mano gran parte dell’apparato dello Stato e pratiche anche dubbie di consenso (accuse di corruzione potrebbero emergere nei prossimi giorni). Ha dalla sua i successi sociali ed economici. Nonostante la frenata, il Brasile non è lo stesso di vent’anni fa e molta gente non lo ha dimenticato.
Rocco Cotroneo

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