Ucraina, tregua già in bilico Cannonate su Mariupol

Ucraina, tregua già in bilico Cannonate su Mariupol

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MOSCA — Le cannonate che, nella serata di ieri, hanno colpito Mariupol, città controllata dai governativi, sembrano già mettere a rischio la fragile tregua in Ucraina. Un posto di controllo dell’esercito di Kiev è andato in fiamme. In precedenza c’erano stati altri sporadici incidenti nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Prima dei nuovi scontri i due presidenti Vladimir Putin e Petro Poroshenko si erano sentiti al telefono ostentando ottimismo sulla tenuta del cessate il fuoco. Ora occorre accelerare al massimo le procedure per attuare gli altri punti dell’accordo raggiunto in Bielorussia. I due leader hanno così chiesto il coinvolgimento immediato dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa che avrà il compito di monitorare il cessate il fuoco e favorire l’arrivo degli aiuti umanitari. In serata la Croce Rossa ha fatto sapere di non essere riuscita a portare a termine la missione prevista a Luhansk, una delle due città sotto assedio da settimane, proprio perché qualcuno ha ricominciato a sparare.
Le parti si accusano reciprocamente, ma la verità è che nessuno è in grado di controllare completamente i suoi. Non la Russia che deve fare i conti con leader indipendentisti i quali continuano a insistere su una richiesta di totale indipendenza del Donbass. Non il presidente Poroshenko perché dalla sua parte oltre all’esercito regolare combattono milizie e forze paramilitari assai particolari. Basti pensare a quei gruppi di estrema destra che vanno in giro con la svastica sull’elmetto e che rispondono solo ai loro leader.
Ieri sera i ribelli dovevano iniziare a liberare i circa duecento prigionieri di guerra che detengono. Domani sarà l’esercito a lasciare andare gli uomini che ha in custodia e che continua a definire «banditi». Poi occorrerà creare dei veri corridoi umanitari per l’arrivo di generi alimentari e per il passaggio dei civili.
Ma la parte più difficile sarà la definizione del futuro status del sudest ucraino. Poroshenko continua a parlare vagamente di una qualche forma di sostanziale autonomia. La Russia chiede invece che si arrivi a un vero e proprio Stato federale e alla neutralità del Paese, né con la Nato né con Mosca.
Ma a Kiev Poroshenko ha il problema dei falchi della sua eterogenea coalizione, a cominciare dal primo ministro Arsenij Yatsenyuk che gioca in proprio. Il presidente ha sciolto il Parlamento sperando di vincere le prossime elezioni, ma tutto dipenderà da due fattori fondamentali:la pace e la situazione economica. Poroshenko non può cedere troppo alle richieste di Putin, anche se questi ha il coltello dalla parte del manico grazie ai successi degli indipendentisti che «non» sono stati aiutati da truppe russe che «non» sono in territorio ucraino.
Con le elezioni alle porte, sarà anche difficile per il presidente ucraino proseguire con le riforme economiche che stanno rendendo la vita sempre più difficile ai suoi cittadini. I conti sono catastrofici, ma in nessun Paese un governo può pensare di varare misure di grande austerità e due mesi dopo vincere le elezioni.
Intanto il clima tra Russia e Unione Europea che potrebbe attuare nuove sanzioni in qualsiasi momento (ma il Cremlino minaccia altre contromisure), è sempre teso. Ieri i russi hanno arrestato un ufficiale dei servizi segreti estoni che, secondo loro, ha varcato il confine armato, con 5 mila euro e apparecchiature ricetrasmittenti. Gli estoni hanno accusato Mosca di aver rapito il loro uomo in Estonia mentre era impegnato in una operazione anti-contrabbando. Poi hanno abbassato i toni, dicendo che si è trattato di un «singolo incidente, al quale si sta lavorando».
Fabrizio Dragosei



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