Sponsor e aziende in classe i privati entrano nella scuola
NEW YORK- FINANZIAMENTI delle imprese private alla scuola: il paese pilota in questo campo sono gli Stati Uniti. Per l’influenza dell’ideologia neoliberista, da molti decenni i confini tra pubblico e privato sono stati rivoluzionati in molti settori. La scuola è uno di questi. A parte le scuole private di élite, capaci di autofinanziarsi grazie alle rette elevatissime, è nell’insegnamento pubblico o semi-pubblico che sta crescendo il peso dei finanziatori aziendali. Il fenomeno di gran lunga più vasto e significativo sono le “charter school”, che ricevono donazioni importanti da fondazioni del mecenatismo privato come la Bill and Melinda Gates Foundation, la Walton Family Foundation (la famiglia proprietaria degli ipermercati Walmart), la Broad Foundation, Ameritech Corporation, Annenberg Fund. Le charter school sono esse stesse di proprietà privata, generalmente con statuto giuridico di non-profit. Non sono però svincolate dal controllo statale sull’istruzione: in particolare i risultati di apprendimento sono sottoposti al controllo degli Stati Usa, e devono raggiungere standard comparabili a quelli delle scuole pubbliche. Il movimento delle charter school ha tra i suoi obiettivi quello di ovviare allo scadimento dell’istruzione pubblica soprattutto nelle aree metropolitane dove risiedono le minoranze etniche più sfavorite: afroamericani, ispanici. Nei quartieri degradati delle grandi città, dove prevalgono queste componenti, la scuola pubblica ha avuto spesso un decadimento disastroso per la cronica penuria di fondi. Le charter school sostengono il principio che non solo i figli dei ceti medioalti, ma anche i ragazzi più poveri dovrebbero avere la scelta, l’opzione di iscriversi a un istituto privato di qualità. Le charter school hanno ottenuto aiuti pubblici, per esempio con la cessione di edifici scolastici e altri sussidi diretti o indiretti. Facendo una media sul territorio nazionale, un alunno di una charter school costa allo Stato 7.000 dollari all’anno contro gli 11.000 dollari spesi per l’alunno di una scuola pubblica; il livello medio dei sussidi arriva quindi al 60% delle spese per l’insegnamento pubblico mentre tutto il resto è coperto da fondi privati. Sicché le charter school hanno finito per assumere il carattere di un “terzo settore” dell’insegnamento, un’economia mista, un ibrido fra il pubblico e il privato. Con il tempo sono cresciuti dei colossi del business dell’insegnamento, grandi aziende su scala nazionale, specializzate nella gestione di decine o centinaia di charter school. A New Orleans, una delle città più povere d’America, il 60% degli studenti sono iscritti a charter school, a riprova del favore che questi istituti incontrano fra i genitori afroamericani. Il numero delle charter school è cresciuto da poche centinaia nei primi anni Ottanta, fino a 6.400 quest’anno. Hanno 2,5 milioni di studenti, e delle liste di attesa di 365.000 allievi che hanno chiesto di potersi iscrivere.
Che cosa spinge le grandi imprese a finanziare questo “movimento” di scuole semi-private? In certi casi c’è un interesse diretto, per poter attingere a questa popolazione studentesca al momento di assumere nuova forza lavoro. Questo rientra nella tradizione che porta le imprese americane (dai tempi delle dinastie Carnegie e Rockefeller) a finanziare borse di studio nei licei e nelle università, per promuovere i l’accesso allo studio dei più meritevoli. Alcuni dei quali poi diventano i candidati ideali per l’assunzione. Le charter school non a caso investono molto nell’insegnamento tecnico-professionale. Una variante recente sono le cyber-charter school che hanno una funzione pionieristica nella formazione informatica e nell’uso di tecnologie digitali applicate all’insegnamento. Più in generale il mecenatismo d’impresa, in casi come quello di Bill Gates, è allarmato per il declino della qualità dell’istruzione americana. Dopo che gli Stati Uniti sono scivolati oltre il ventesimo posto nelle classifiche internazionali Ocse-Pisa sulla qualità dell’apprendimento nei licei, superati da paesi asiatici e nordeuropei, il tema è balzato al centro dell’attenzione degli imprenditori. Un capitalismo moderno ha bisogno di una forza lavoro qualificata, l’establishment imprenditoriale non se ne può disinteressare. Le charter school hanno ricevuto giudizi variegati e talvolta positivi da parte del partito democratico e dell’intellighenzia liberal, ma hanno un avversario implacabile nel sindacato degli insegnanti: uno dei principi delle charter school infatti è l’assunzione di prof non sindacalizzati.
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