Scozia, sorpasso indipendentista

by redazione | 8 Settembre 2014 8:43

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LONDRA — Il sorpasso degli indipendentisti, l’«occhio nero» preannunciato da Rupert Murdoch sabato notte su Twitter, ha fatto scattare il governo: ieri mattina mentre il Sunday Times dello Squalo usciva in edicola con il sondaggio choc di YouGov che per la prima volta dava i sì in vantaggio sui No (51% contro 49%), il premier David Cameron spediva il ministro delle Finanze George Osborne negli studi della Bbc ad assicurare un piano di nuove concessioni alla Scozia, prima di spedire se stesso nel castello (scozzese) di Balmoral per una foto-opportunità con la Regina all’uscita della messa. Ogni mossa è buona, a dieci giorni dal referendum che potrebbe davvero rompere l’Unione che resiste da 307 anni. Chi se l’immagina la regina (fonti di palazzo la definiscono «orripilata» da una possibile scissione) che cammina per i boschi di Balmoral come una straniera? Dovrà mostrare il passaporto il principe Carlo o basterà il kilt quando dovrà superare il confine del fiume Tweed?
In tv Osborne ha annunciato per i prossimi giorni (senza entrare nel dettaglio) un piano che «darà più poteri» immediati agli Highlander su tasse, spesa e welfare. «Questa è una bustarella — ha tuonato il leader indipendentista Alex Salmond — I politici di Londra sono nel panico, stanno perdendo e cercano di corrompere gli elettori all’ultimo minuto. Ma che dire delle migliaia di scozzesi che hanno già votato per corrispondenza?».
Il fronte del no ha sempre viaggiato con un vento di sondaggi che lo davano sicuro vincente. Un mese fa YouGov poneva i sì indietro di 22 punti. A metà agosto erano 14, una settimana fa 6. Fino al sorpasso annunciato ieri. Chi ha cambiato idea? In un mese gli under 40 favorevoli al distacco sono cresciuti dal 39 al 60%. Nella classe operaia sono passati dal 41 al 56%. Un cambio significativo è quello delle donne, da sempre più ostili a un futuro lontano da Londra. Anche la diga femminile sembra franare addosso ai sostenitori di una Gran Bretagna unita: le indipendentiste erano il 33% a inizio agosto e sono il 47% oggi. Cosa è accaduto? Peter Kellner, capo di YouGov, dice al Guardian che Alex Salmond è riuscito a neutralizzare il fattore paura, specie sulle conseguenze economiche di uno strappo. Un’altra barriera che sembrava insormontabile, la fede politica, dà segni di cedimento: tra i laburisti i Sì sono raddoppiati in 30 giorni, dal 18 al 35%. Anche questo spiega il nervosismo di Ed Miliband (che ha 40 deputati scozzesi mentre i Conservatori ne hanno solo uno): il leader del Labour in un’intervista pubblicata ieri ha detto che se passa il sì bisognerà pensare a una nuova frontiera. Guardie, controlli, costi. «Se gli scozzesi non vogliono frontiere, votino no al referendum».
L’«occhio nero» dà una scossa alla sonnolenta campagna «Better Together» (Insieme è meglio), mentre il sorpasso galvanizza i supporter di «Yes Scotland». Gli osservatori sottolineano che serviranno altri sondaggi per confermare la tendenza pro-indipendenza. Secondo YouGOv gli indecisi sono l’8%. Un altro sondaggio, commissionato dal fronte del sì, dà ancora gli unionisti in vantaggio (52 a 48%). Entrambe le parti hanno la necessità di mandare gli elettori ai seggi: l’affluenza sarà cruciale. La fetta degli ultra sessantenni, quelli che vanno di più a votare, è ancora saldamente a favore del no (62% a 38%).
Un segno che il gioco si fa davvero duro, oltre alle parole forti da Bruxelles (il presidente uscente della Commissione, Barroso, ha ventilato che «l’Unione Europea non riconoscerà la sovranità della Scozia») è a Londra il balenare dei coltelli nelle file dei grandi partiti: tra i conservatori ci sono parlamentari che già parlano di dimissioni dovute per Cameron se la Scozia dovesse staccarsi. Cameron come Lord North, il primo ministro sfiduciato alla Camera dei Comuni nel 1782, dopo «la perdita» delle colonie americane. Tra i laburisti c’è chi chiede la testa del coordinatore Douglas Alexander, soprannominato impietosamente «Rain Man» per la sua incapacità di relazionarsi agli altri. Nel castello di Balmoral Elisabetta II, «orripilata» ma ufficialmente neutrale, preoccupata soprattutto per il suo ruolo di capo della Chiesa Scozzese, incrocia le dita. A Londra il governo ha già chiesto al Cobra, il comitato di emergenza, un piano per evitare un crollo dei mercati nel caso in cui dalle urne il 18 settembre arrivi un altro, definitivo, «occhio nero».
Michele Farina

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