Scozia, liberati il Regno Unito è un fallimento
L’ASPETTO più interessante del referendum sull’indipendenza sta nel fatto che il fronte del “sì”, inizialmente percepito da parte della sinistra come una campagna antibritannica, è oggi visto come l’avanguardia di parte di un movimento populista più ampio, che ha come obiettivo il ritorno della democrazia attraverso queste isole. Visto all’interno di un contesto più generale, questo non dovrebbe sorprendere: da molto tempo, infatti, i conservatori hanno smesso persino di fingere di rappresentare altri che non siano le élite.
CIOÈ quelle classi sociali e le loro coorti che negli ultimi trentacinque anni hanno impoverito il Paese (e chiunque nutra dubbi in proposito dovrebbe semplicemente osservare il continuo trasferimento della ricchezza dai tanti ai pochi). Un obbrobrio che si è protratto nel tempo, e al quale gli stessi laburisti hanno assistito, proponendo di quando in quando di estorcere qualche concessione a malincuore a quelle élite. Cosa che è accaduta di rado, o forse mai: il Regno Unito semplicemente non è fatto così. Oggi, con il suo sistema di partiti moralmente corrotto, i suoi politici di professione che non godono di alcuna stima e una pletora di insabbiamenti e complotti che arrivano fino al cuore di un establishemnt squallido, decadente e opportunista nel campo degli affari, della politica, dei media e della giustizia, il Regno Unito è considerato da molti dei suoi cittadini come uno Stato fallito. Ha posto l’attaccamento al potere e al privilegio al di sopra dell’aspirazione a qualsiasi autentica forma di democrazia. Adesso però le élite delle scuole pubbliche, l’aristocrazia, i banchieri d’investimento della City di Londra, i lobbisti del mondo degli affari, i guerrafondai imperialisti e la stampa apologetica e cospiratrice non sono più considerati strumenti del buon governo e di una sana democrazia, bensì pericolosi ostacoli al loro raggiungimento. Tutto questo in Scozia verrà eliminato – o quanto meno la sua influenza verrà in gran parte ridotta dalla vittoria del sì e dall’affermarsi di una Costituzione che conferisca ai cittadini degli autentici diritti. Se la Scozia imboccherà quella strada, dubito che in Inghilterra passerà molto tempo prima che nasca un vero movimento di base a livello popolare a favore della democrazia.
La campagna per il “sì” ha dato alle persone il potere di assumere il controllo del proprio destino; ha offerto loro la speranza di un futuro per loro, le loro famiglie e le loro comunità. Il principio è semplice: significa destinare le risorse nazionali all’istruzione, alla sanità e agli alloggi – anziché dirottarle nei conti offshore dei super-ricchi o dissiparle in sordidi conflitti all’estero istigati dagli incapaci per l’arricchimento dei loro finanziatori. (Ecco che cosa intendono quando parlano di “peso sulla scena mondiale”).
La campagna del “sì” merita di vincere con un voto positivo. In ogni caso, sia che vinca sia che perda, ormai il genio è uscito dalla lampada, e di certo non svaniranno né il dibattito sollevato, né la consapevolezza dei cittadini che hanno da poco scoperto il proprio potere.
Quanto a me, ho trascorso la maggior parte degli ultimi dieci anni in Irlanda e in America: due Paesi un tempo governati da Londra. Non ho ancora incontrato una singola persona in quei Paesi mossa dal benché minimo desiderio di tornare indietro a quel governo. Quando anche Scozia e Inghilterra si saranno liberate del sistema corrotto, imperialista ed elitista, vi garantisco che i loro popoli la penseranno esattamente come gli irlandesi e gli americani.
( Traduzione di Marzia Porta)
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