Il rito del tavolo tra Cgil, Cisl e Uil Specchio di sindacati deboli e divisi

by redazione | 29 Settembre 2014 7:54

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ROMA La riunione dei vertici di Cgil, Cisl e Uil, questa mattina, è la rappresentazione plastica di uno dei momenti più difficili della storia del sindacato. Attorno al tavolo, nella sede della Cisl, sono attesi i segretari generali delle tre confederazioni, accompagnati dai responsabili Lavoro. Per la Cisl ci sarà Raffaele Bonanni, ma potrebbe anche non esserci, visto che qualche giorno fa si è dimesso, mentre ci sarà sicuramente Annamaria Furlan, che ne prenderà il posto. Per la Uil Luigi Angeletti ci sarà, anche perché ha chiesto l’incontro, convinto com’è che il sindacato «già è in seria difficoltà col governo, se poi si divide pure…». Ma anche Angeletti sta per lasciare, dopo 14 anni. Gli succederà Carmelo Barbagallo, un uomo di 67 anni che, grazie al potere esercitato da segretario organizzativo, è l’unico, conviene la gran parte dei dirigenti Uil, «che può tenere in piedi la baracca». Per la Cgil, infine, ci sarà Susanna Camusso, che sembra messa meglio.
Non solo perché guida il più forte dei tre sindacati e perché può restare in carica fino al 2018. Ma sopratutto perché pare essersi ricompattata col suo più insidioso avversario, il capo della Fiom, Maurizio Landini. Il tutto grazie all’attacco all’articolo 18, quello che vieta i licenziamenti senza giusta causa, sferrato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Solo che sulla difesa dell’articolo 18 Camusso, se va d’accordo con Landini, non può andare d’accordo né con la Cisl né con la Uil. E, a ben vedere, le tre confederazioni su questo sono divise non da oggi, ma dal 2001. Allora infatti Angeletti e Savino Pezzotta (Cisl) diedero il via libera al governo Berlusconi sul disegno di legge 848 che, tra l’altro, sospendeva l’articolo 18 per i nuovi assunti mentre la Cgil di Sergio Cofferati ingaggiò una battaglia che culminò con l’oceanica manifestazione del Circo Massimo. Per la cronaca, la sospensione dell’articolo 18 finì poi su un binario morto.
Insomma, sono 13 anni che Cisl e Uil sono disposte a discutere di togliere l’articolo 18, purché solo ai nuovi assunti, e la Cgil no. Come faranno a mettersi d’accordo su una mobilitazione comune, tanto più che Cgil e Fiom hanno già proclamato una manifestazione nazionale per il 25 ottobre mentre la Cisl iniziative territoriali per il 18, ma non a difesa dell’articolo 18 bensì per chiedere politiche per la crescita? Ma poi basta vedere le diverse valutazioni sui contenuti. Prendiamo Gigi Petteni, segretario della Cisl Lombardia, la regione con più iscritti. «L’articolo 18 va superato. E anche in fretta», ha detto a l’Avvenire . E sentiamo invece che cosa ha ripetuto ieri Camusso in tv a In mezz’ora : «La battaglia sarà lunga e non si chiuderà con lo sciopero generale».
Volete sapere infine come la pensa Angeletti? «Discutiamo pure di articolo 18, purché sia chiaro che per chi ce l’ha non si tocca». Insomma, siamo alle solite. Il sindacato si arrocca a difesa degli iscritti, per la metà pensionati e per il resto lavoratori pubblici e della grande industria. Comprensibile, ma miope. È stato così sulle pensioni. E così sul lavoro, dove la difesa a oltranza dell’articolo 18, in particolare per chi ce l’ha, ha aperto la strada ai contratti flessibili per aggirare l’ostacolo. Certo, come dice Camusso, le leggi le hanno fatte i governi, non il sindacato. Ma il sindacato confederale, che si definisce tale perché vorrebbe tutelare gli interessi generali del mondo del lavoro, ha contribuito a spaccarlo questo mondo. Pensando troppo ai padri e poco ai figli.

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