Poroshenko chiude le frontiere con la Russia

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Ieri il pre­si­dente ucraino Poroshenko, ha fir­mato un decreto che auto­rizza il governo di Kiev a chiu­dere tem­po­ra­nea­mente le fron­tiere ter­re­stri e marit­time con la Rus­sia ai vei­coli e alla per­sone. L’intento — si legge — è «risol­vere, rispetto alla pro­ce­dura sta­bi­lita, la que­stione della chiu­sura tem­po­ra­nea dei pas­saggi al con­fine sta­tale dell’Ucraina con la Rus­sia per i tra­sporti auto­mo­bi­li­stici, marit­timi, pedo­nali e anche, in caso di neces­sità, quella della chiu­sura tem­po­ra­nea dei pas­saggi al con­fine per altri mezzi di trasporto».

Dopo il suo viag­gio negli Usa, dun­que, Poroshenko si pre­para al rush finale per le ele­zioni par­la­men­tari del pros­simo 26 ottobre.

Ha uffi­cia­liz­zato anche la can­di­da­tura del figlio, men­tre dalle regioni orien­tali ha incas­sato un rifiuto della tor­nata elet­to­rale. Nel Don­bass, fanno sapere i respon­sa­bili poli­tici dei ribelli, si voterà il 2 novem­bre. Si tratta chia­ra­mente di una pro­vo­ca­zione, dagli esiti tutt’ora imprevedibili.

In Ucraina siamo infatti di fronte al cosid­detto «fro­zen con­flict», uno stallo momen­ta­neo in una guerra di cui non è stata fir­mata alcuna pace con­clu­siva. C’è una tre­gua, quella di Minsk, che non ha ancora chia­rito — però — lo sta­tus delle regioni orien­tali. Si è par­lato di un’autonomia di tre anni, ma neii quar­tier gene­rali dei ribelli, l’ipotesi non sem­bra aver rice­vuto grandi applausi, anzi. Ormai da quelle parti si cerca l’autonomia totale, per poi, pre­su­mi­bil­mente, fare il passo già com­piuto dalla Cri­mea. Su que­sto argo­mento ieri è inter­ve­nuto lo stesso pre­si­dente ucraino Poro­shenko: sarà il Par­la­mento ucraino — ha detto — rin­no­vato dalle ele­zioni fis­sate per il 26 otto­bre a vagliare la riforma costi­tu­zio­nale per il decen­tra­mento dei poteri promessa.

Lo ha detto lo stesso capo di Stato in una con­fe­renza stampa a Kiev pre­ci­sando che man­derà la pro­po­sta di riforma all’organo legi­sla­tivo solo dopo le elezioni.

E ieri il mini­stero dell’Interno di Kiev ha aperto un’inchiesta con­tro 24 depu­tati ucraini che il 17 set­tem­bre hanno par­te­ci­pato a una seduta della Duma russa. L’accusa è quella di «minac­cia all’integrità ter­ri­to­riale», puni­bile con la reclu­sione fino a dieci anni. Lo ha fatto sapere il con­si­gliere del mini­stero dell’Interno di Kiev, Zorian Shki­riak. I 24 depu­tati fanno parte del nuovo gruppo «Per la pace e la sta­bi­lità» che rac­co­glie ex par­la­men­tari comu­ni­sti e del par­tito delle Regioni del depo­sto pre­si­dente Vik­tor Yanukovich.

Quello che in que­sto momento, infatti, sem­bra molto rile­vante è la com­pren­sione di quanto accade nelle regioni orien­tali. In pra­tica, capire chi tiene il pal­lino poli­tico e mili­tare. Si sa, da testi­mo­nianze, dirette o attra­verso i media, che la pre­senza di nazio­na­li­sti filo russi ed ele­menti di destra è pre­sente in quelle che si pos­sono con­si­de­rare le attuali cari­che poli­ti­che del Don­bass. Per­so­naggi ambi­gui, che insieme ad altri, fini­scono per rap­pre­sen­tare — in que­sto momento — le istanze delle regioni orien­tali. All’interno di una zona indu­striale e di miniere, ci si chiede quale peso pos­sano avere le com­po­nenti sociali più lavo­ra­tive e i suoi organi politici.

Le sini­stre del Don­bass, quanto stanno con­tando nei pro­cessi deci­sio­nali in corso nelle regioni ribelli?
Sul sito «Obser­vU­kraine» (http://?obser?ve?ru?kraine?.net) nei giorni scorsi è com­parsa un’interessante inter­vi­sta a Mykola Tsi­khno, coor­di­na­tore del Natio­nal Com­mu­nist Front. Fatta la tara del «nazio­na­li­smo» ucraino insito anche in que­sta orga­niz­za­zione, Tsi­khno trat­teg­gia alcune carat­te­ri­sti­che della situa­zione sociale del Don­bass da tenere in con­si­de­ra­zione.
Alla domanda se i lavo­ra­tori e gli ope­rai della regione sup­por­tino o meno i filo­russi, la rispo­sta è dav­vero esemplificativa:

«In realtà non tutti i lavoratori sostengono i separatisti; alcune sezioni di lavoratori sono consapevoli che saranno senza lavoro in caso di separazione dall’Ucraina. Ad esempio, i minatori le cui miniere sono completamente sovvenzionate dallo Stato. Il sindacato indipendente dei minatori nel Donbass è da tempo in agitazione proprio contro le forze separatiste, ma in questo momento non può contare su un seguito di massa».
Con chi stanno dun­que i lavo­ra­tori del Donbass?



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