Ostaggi, trattare e pagare Tutti negano, molti lo fanno

by redazione | 15 Settembre 2014 8:18

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ROMA — Trattare e pagare per riportare a casa gli ostaggi: è questa la linea negata, ma sempre utilizzata sin dai tempi della guerra in Iraq e poi in Afghanistan da molti governi occidentali. Accade adesso pure in Siria, nonostante le smentite ufficiali. I servizi di intelligence negoziano la liberazione dei prigionieri anche se da circa dieci mesi la situazione è completamente cambiata e la ricerca dei giusti canali è diventata complicata, talvolta impossibile. Si media con i gruppi fondamentalisti di matrice criminale e con quelli che fanno parte della galassia di Al Nusra, direttamente riconducibile ad Al Qaeda: denaro, medicine, materiali, e anche armi diventano contropartita. Molto più difficile sembra essere però l’attivazione dei contatti per arrivare ai vertici dell’Isis e poi per trovare una soluzione, perché le loro richieste sono esorbitanti, soprattutto perché è già accaduto che dopo avere ottenuto la disponibilità dei governi, si siano tirati indietro e abbiano ucciso i rapiti.
Un gioco di forza che mette in scacco gli apparati di sicurezza, rendendoli impotenti di fronte a una ferocia che non sembra avere precedenti. In questo quadro l’Italia sembra rivestire un ruolo strategico in una triangolazione che vede impegnati anche francesi e belgi. Il lavoro svolto per salvare il giornalista del quotidiano La Stampa Domenico Quirico e poi il cooperante Federico Mokta, ha consentito agli 007 di attivare contatti che possono rivelarsi preziosi per sbloccare la trattativa in corso con chi tiene segregate Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze portate via nella notte tra il 31 luglio e il 1° agosto scorso nella zona di Aleppo e per riaprire un canale con chi ha catturato padre Paolo Dall’Oglio.
Ecco perché sono apparse improvvide le dichiarazioni del sottosegretario agli Esteri Mario Giro che ieri ha parlato di quello che si fa per sbloccare le varie situazioni. Le sue parole possono avere come effetto immediato soltanto quello di far alzare ulteriormente il prezzo del riscatto, rendendo ancora più difficile un’attività resa già delicatissima dalla sfida lanciata dai terroristi.
Accadde anche in Iraq e in Afghanistan quando l’Italia e gli alleati furono costretti a versare milioni di dollari pur di sbloccare i negoziati. Soldi versati utilizzando spesso canali di «copertura», non ultimi quelli umanitari. Una scelta — che tante polemiche aveva sollevato — resa necessaria quando era impossibile anche solo tentare un blitz militare, pur potendo contare sull’appoggio delle milizie locali. È ancora nitido il ricordo di quel che successe quando i terroristi sequestrarono nella zona di Bagdad Fabrizio Quattrocchi, Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio decidendo di uccidere il primo e chiedendo denaro per liberare gli altri. Oppure la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. E poi ancora cooperanti e reporter presi a Kabul e nelle aree di guerra afghane come l’inviato del quotidiano La Repubblica Daniele Mastrogiacomo.
In Siria l’eventualità di pianificare un’azione di forza si è già rivelata più volte impossibile. Sia nel caso di James Foley e più recentemente di David Haines le forze speciali americane avrebbero esplorato la fattibilità di un intervento rendendosi poi conto che non c’era alcuna possibilità di ottenere un risultato positivo. E nessuno è in grado di stabilire se Washington e Londra abbiano deciso di non cedere di fronte alla richiesta di circa 20 milioni di dollari o se invece non siano riusciti a trovare il canale giusto.
Le condizioni in quell’area sono proibitive, soprattutto se si tiene conto che oltre alla sfida contro l’Occidente, i gruppi fondamentalisti sono in guerra tra loro e le alleanze o gli scontri tra le varie fazioni hanno un’evoluzione rapida e difficile da controllare. Ecco perché bisogna cercare di stringere i tempi, evitare che gli ostaggi passino di mano costringendo chi tratta a ricominciare sempre daccapo in una partita che spesso diventa impossibile da gestire. E può avere esiti drammatici.
Fiorenza Sarzanini

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