Napoli. «Lo Stato quando c’è ci uccide»

Loading

Alle tre del pome­rig­gio all’ingresso del parco dove vive la fami­glia di Davide Bifolco c’era già una pic­cola folla. La gente del Rione Tra­iano non si è mai allon­ta­nata del tutto. «Era amico nostro, un nostro fra­tello, il cara­bi­niere è come se avesse spa­rato a tutti noi. Non lo dimen­ti­che­remo mai», rac­conta un gruppo di coe­ta­nei, lacrime e rab­bia, intorno al pic­colo altare orga­niz­zato sulla strada: un car­ton­cino giallo su cui hanno incol­lato una foto di Davide, in basso una com­po­si­zione di fiori e, tra il volto e i petali, la scritta «lo Stato non ci difende. Difendiamoci».

Alle 16 arriva la fami­glia cir­con­data dagli amici del ragazzo ucciso da un cara­bi­niere gio­vedì notte a via Cin­thia. La ver­sione uffi­ciale è che in tre su un moto­rino non si sareb­bero fer­mati all’alt, i mili­tari avreb­bero rico­no­sciuto nel gruppo Arturo Equa­bile, ven­ti­treenne accu­sato di furto, lati­tante dallo scorso feb­braio. Li hanno inse­guiti e rag­giunti, Equa­bile sarebbe riu­scito a scap­pare (tut­tora non si trova), Davide e l’amico diciot­tenne Sal­va­tore Triunfo sono stati immo­bi­liz­zati. Durante il fermo sarebbe par­tito «acci­den­tal­mente» un colpo che ha rag­giunto il ragazzo al cuore.

Secondo amici e testi­moni non c’è stato nes­sun acci­dente: il cara­bi­niere ha mirato al cuore e, quando era a terra in fin di vita, ha amma­net­tato Davide pre­men­do­gli il viso in un’aiuola. Ieri poi si è dif­fusa la noti­zia che il respon­sa­bile dello sparo sarebbe tren­tenne e non un ven­tenne, come dif­fuso venerdì. Cioè un mili­tare esperto e non una recluta. A que­sto si aggiunge la testi­mo­nianza di un altro ragazzo, Enzo, che sostiene di essere il terzo che gui­dava lo scoo­ter: «Il lati­tante non c’è. Sono io che sono scap­pato. Ci hanno rin­corso da die­tro, ci hanno tam­po­nato e but­tato in aria. Per paura sono scap­pato. Non ci siamo fer­mati per­ché non ave­vamo la patente». Que­sto è quello che cre­dono tutti nel rione: «Non c’è nes­sun lati­tante rico­no­sciuto dalla pat­tu­glia – urla­vano ieri -, sono tutte fes­se­rie. Devono dire la verità!». Per capire cosa pensa il quar­tiere basta leg­gere le scritte apparse nella notte. A terra sull’asfalto c’è segnato «Acab. Davide vive». Sui muri «Cara­bi­niere assassino».

Una folla di circa tre­cento per­sone si mette in mar­cia intorno alle 16, ad aprire il cor­teo lo stri­scione «Verità e giu­sti­zia per Davide». La madre regge la foto del figlio, il fra­tello Tom­maso è scon­volto: «I delin­quenti sono loro, dovreb­bero tute­larci. Quel cara­bi­niere deve pagare». I parenti, le mamme del quar­tiere cer­cano di cal­marlo men­tre la mani­fe­sta­zione per­corre strade e viali del Rione Tra­iano. È come una chia­mata a rac­colta, la gente scende per strada, si mette in mar­cia o si ferma sul ciglio a urlare: «Giu­sti­zia, giu­sti­zia». Dai bal­coni applau­dono, tutti hanno gli occhi rossi dal pianto. Il cor­teo ormai è un fiume umano che decide di pun­tare alla sta­zione dei cara­bi­niere di zona, in piazza Gio­vanni XXIII.

La mani­fe­sta­zione è ormai una rivolta di quar­tiere, scor­tata da gruppi in moto­rino che suo­nano il clac­son come una com­pa­gnia che si pre­senta a chie­dere conto. La mamma di Davide, in testa al cor­teo, riba­di­sce: «Deve mar­cire in car­cere. Non deve avere un’ombra di pace per tutta la vita». Tom­maso urla: «Cosa hai pro­vato quando lo hai ucciso? La notte ti sei addor­men­tato?». La folla si stringe intorno alla fami­glia, la signora Flora si sente male, sviene anche la cugina di Davide. Una donna del folto gruppo che apre la mani­fe­sta­zione ce l’ha con i gior­na­li­sti: «L’hanno ammaz­zato come un cane. Non vogliamo ven­detta ma giu­sti­zia, scri­ve­telo!». L’intero quar­tiere scan­di­sce: «Davide vive». Un’auto azzurra viene assal­tata, «è della Digos» urlano, prima che rie­sca a scap­pare alla folla.

L’autopsia e l’esame bali­stico domani dovreb­bero chia­rire la dina­mica della morte. Ele­menti signi­fi­ca­tivi potreb­bero arri­vare dalle imma­gini regi­strate dalle tele­ca­mere col­lo­cate lungo il per­corso, dal Rione Tra­iano fino a via Cin­thia, dove si è con­su­mata la tra­ge­dia. I cara­bi­nieri del Nucleo inve­sti­ga­tivo di Napoli, ai quali i magi­strati hanno affi­dato le inda­gini, hanno veri­fi­cato che le video­ca­mere del comune sono tutte fuori uso. Ma nes­suno ha fidu­cia nelle isti­tu­zioni, del resto nes­sun rap­pre­sen­tante dello Stato si è pre­sen­tato. Per­sino le forze dell’ordine si ten­gono lon­ta­nis­sime dalla rab­bia popo­lare. Tre blin­dati della poli­zia cir­con­dano l’ingresso della sta­zione dei cara­bi­nieri come fos­sero indiani asse­diati dalle truppe yan­kee.
Un ter­ri­bile acquaz­zone si abbatte sul cor­teo, c’è chi torna a casa e chi arriva lo stesso in piazza. Una pre­senza minac­ciosa ma silen­ziosa, sfi­dando i mili­tari a uscire.

Quando final­mente il cielo si rischiara, in circa tre­cento deci­dono di tor­nare a via Cin­thia, dove Davide è morto, per bloc­care l’ingresso della tan­gen­ziale. La poli­zia prova a discu­tere ma non è il pome­rig­gio per le media­zioni. Ma non è nep­pure è la gior­nata giu­sta per cari­care. Così parte il lan­cio di lacri­mo­geni evi­tando qual­siasi con­tatto con i mani­fe­stanti che, intorno alle 19, deci­dono di libe­rare la strada. «Non ci fer­me­remo qui e non rimar­remo chiusi nel Rione Tra­iano – assi­cura Pie­tro Ioia, zio del ragazzo -, vogliamo por­tare la bat­ta­glia per la verità e la giu­sti­zia nei palazzi del potere, al tri­bu­nale, in regione. Dove sono gli asses­sori alle poli­ti­che sociali? Qui le fami­glie si arran­giano, magari lavo­rano tutti e due i geni­tori, i ragazzi cre­scono senza essere gui­dati, per neces­sità. Lo Stato o ti scheda per una fes­se­ria, e ti rovina la vita, oppure addi­rit­tura di uccide e poi non vuole nep­pure fare chia­rezza. Non ci fer­me­remo qui».

La gior­nata fini­sce con i geni­tori che fanno un appello: «Nostro figlio deve essere ancora sep­pel­lito, nes­suno, e dico nes­suno, deve sen­tirsi auto­riz­zato a com­piere atti di vio­lenza anche ver­bale in suo nome. Chi vuole bene a Davide deve rispet­tarlo. Noi chie­diamo sol­tanto giu­sti­zia — aggiun­gono — chi usa la vio­lenza in suo nome non sa quanto danno fa a lui e alla nostra famiglia».



Related Articles

La sinistra in trincea sul lavoro E Landini «sfiducia» il premier

Loading

Il leader Fiom Landini: il governo non ha la maggioranza nel Paese. Damiano: servono correzioni

Movimenti. «Roma non si chiude», in piazza un corteo di 15mila

Loading

Tanti mondi, una sola voce. Grande mobilitazione contro le minacce di sgombero dei centri sociali e per il diritto alla casa

L’economia Usa rallenta e chiama in causa l’Ue

Loading

Crisi. Washington spinge per il Ttip. ma le cause di un eventuale naufragio del progetto, più che nelle preoccupazioni dei governi europei per la salute dei cittadini andranno ricercate negli sviluppi della guerra commerciale che si combatte su scala mondiale

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment