by redazione | 15 Settembre 2014 8:11
LONDRA — «Non sono musulmani, sono mostri». David Cameron ha parlato ieri mattina alla nazione dalla residenza di Downing Street. La voce decisa, il mento sudato. Ha definito David Haines, il cooperante di 44 anni ucciso dai terroristi dell’Isis che hanno filmato la sua esecuzione, «un eroe britannico». Il cosiddetto Stato Islamico che ha conquistato pezzi di Siria e di Iraq è composto da una banda di «mostri»: «Daremo la caccia agli assassini di David e li porteremo davanti alla giustizia». La Gran Bretagna «prenderà tutte le misure necessarie» in patria e fuori per distruggere la minaccia dell’Isis, ha detto Cameron al termine di una riunione della commissione Cobra per le emergenze nazionali. E lo farà «in una maniera calma e ponderata».
Il leader conservatore ha usato parole molto dure, pur ricordando che la Gran Bretagna sta già collaborando con i suoi caccia ai raid americani. Nella notte, quando si era diffusa la notizia del video, Cameron aveva affidato a Twitter i suoi pensieri: «Un atto di pura malvagità, troveremo i colpevoli». Ieri mattina, pur senza entrare nei dettagli, il primo ministro ha lasciato intendere che il suo Paese sarà in prima linea in questa guerra. Sembrano passati anni e non mesi da quando la proposta del governo di bombardare le postazioni del regime siriano (accusato di usare le armi chimiche contro i civili) fu bocciata a sorpresa dal Parlamento di Westminister. Adesso il nemico è dalla parte opposta della guerra civile siriana rispetto al presidente Assad, e le cicatrici di un decennio di interventi armati dal Medio Oriente all’Afghanistan sembrano contare meno per l’opinione pubblica su entrambe le sponde dell’Atlantico e non solo. Lo Stato dei mostri che hanno ucciso Haines sono una minaccia per tutti, dice Cameron, non solo «per l’Europa e per civili inermi» che soffrono nelle aeree sotto il controllo dell’Isis, «per le minoranze, compresa quella cristiana».
Reazioni sdegnate per l’esecuzione di Haines sono arrivate da tutto il mondo. Obama ha ribadito: «Lavoreremo con il Regno Unito e con un’ampia coalizione per portare i responsabili di questo atto barbaro davanti alla giustizia e per distruggere questa minaccia ai popoli dei nostri Paesi, della regione e del mondo». Il presidente della Repubblica Napolitano ha scritto alla regina Elisabetta esprimendo «la più ferma condanna anche a nome del popolo italiano» per un atto che ha definito di «autentico orrore». Sulla questione ostaggi l’Europa continentale è su posizioni opposte a quelle di Gran Bretagna e Stati Uniti. Ieri il sottosegretario agli Esteri Mario Giro ha ribadito che il nostro Paese «farà di tutto» per salvare la vita dei connazionali nelle mani dell’Isis. Alla dichiarazione è seguita una polemica, perché qualcuno ha inteso l’intenzione di «trattare» con i terroristi. Subito la smentita di Giro: «Non ho mai utilizzato il termine “trattare”. Ho detto invece che la nostra politica è di non abbandonare nessuno e per raggiungere questo obiettivo studiamo tutti i mezzi possibili e leciti». Sulla stessa linea è la Francia del presidente François Hollande, che pure ospiterà domani a Parigi un vertice internazionale dove discutere la situazione irachena. Sulla carta una coalizione anti-Isis sembra prendere forma: il leader australiano Tony Abbott ha annunciato ieri l’invio di un contingente di 600 soldati che avrà base negli Emirati Arabi. La condizione è che il governo di Bagdad dia via libera a operazioni sul suo territorio. Anche diversi Stati arabi hanno offerto il loro contributo ai raid aerei contro le roccaforti dell’Isis, secondo fonti del Dipartimento di Stato che hanno accolto con favore l’offerta attribuibile ad Arabia Saudita e Qatar. In una intervista con la Bbc il vice ministro degli Esteri siriano Faisal Mekdad ironizza sui Paesi che dicono di voler combattere gli estremisti di Abu Barkar Al Bagdadi ma che al tempo stesso «hanno finanziato e fornito armi alla stessa guerriglia».
Il grande cattivo è lo Stato Islamico dei mostri (condannato ieri da diverse organizzazioni musulmane britanniche), la loro catena di montaggio di video e di morte: adesso la minaccia pende su Alan Henning, 47 anni, ex tassista catturato in Siria mentre viaggiava con un convoglio di aiuti umanitari. Hennin il tassista e Haines l’ingegnere aeronautico, che dopo un tentativo nel campo della produzione di gelati industriali era tornato alla sua professione di sempre: il logista addetto alla sicurezza per piccole ong in zone di conflitto.
Michele Farina
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