I gas tossici del capitalismo

by redazione | 21 Settembre 2014 19:29

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Non siamo riu­sciti a dimi­nuire le emis­sioni per­ché alla fine le cose che dob­biamo fare sono in con­tra­sto con il « capitalismo dere­go­la­men­tato», e cioè con l’ideologia che domina da quando ten­tiamo di tro­vare il modo per uscire da que­sta crisi. Non riu­sciamo a sbloc­care la situa­zione per­ché le azioni che offri­reb­bero mag­giori pos­si­bi­lità di evi­tare la cata­strofe (e che andreb­bero a bene­fi­cio di un’ampia mag­gio­ranza) rap­pre­sen­tano una grave minac­cia per una élite mino­ri­ta­ria che tiene com­ple­ta­mente sotto con­trollo la nostra eco­no­mia, i nostri pro­cessi di deci­sione poli­tica e la mag­gior parte dei mezzi di comunicazione.

Forse il pro­blema non sarebbe stato insor­mon­ta­bile se fosse emerso in un momento sto­rico diverso ma per grande sfor­tuna di tutti noi, la comu­nità scien­ti­fica è giunta a for­mu­lare la sua dia­gnosi deci­siva sulla minac­cia cli­ma­tica pro­prio nel momento in cui le élite assa­po­ra­vano un potere poli­tico, cul­tu­rale e intel­let­tuale senza para­goni se non con i primi anni Venti del ’900. Governi e scien­ziati, infatti, hanno comin­ciato a par­lare seria­mente di tagli dra­stici alle emis­sioni di gas serra nel 1988 — pro­prio l’anno in cui si pro­filò quella che si sarebbe chia­mata «glo­ba­liz­za­zione» e l’anno in cui fu fir­mato il Nafta, l’accordo sulla più grande intesa com­mer­ciale del mondo. All’inizio, tra il Canada e gli Stati Uniti, diven­tato poi, con l’inclusione del Mes­sico, l’accordo Nafta.

Quando gli sto­rici osser­ve­ranno in retro­spet­tiva i nego­ziati inter­na­zio­nali dell’ultimo quarto di secolo vedranno due pro­cessi cru­ciali spic­care sugli altri.

Il primo sarà quello del nego­ziato mon­diale sul clima, che pro­cede avan­zando a stento, senza mai rag­giun­gere i pro­pri obiettivi.

L’altro sarà il pro­cesso di glo­ba­liz­za­zione delle grandi imprese, che invece avanza spe­dito di vit­to­ria in vittoria (…).

I tre pila­stri su cui si fon­dano le poli­ti­che di que­sta nuova era li cono­sciamo bene: pri­va­tiz­za­zione della sfera pub­blica, dere­go­la­men­ta­zione di tutte le atti­vità di impresa e sgravi fiscali alle mul­ti­na­zio­nali, tutti pagati con tagli alla spesa statale.

Molto è stato scritto sui costi reali di que­ste poli­ti­che: l’instabilità dei mer­cati finan­ziari, gli eccessi dei super ric­chi, la dispe­ra­zione di poveri sem­pre più sfrut­tati, lo stato fal­li­men­tare di infra­strut­ture e ser­vizi pubblici.

Pochis­simo, invece, è stato scritto sul modo in cui il fon­da­men­ta­li­smo del mer­cato, sin dai primi momenti, ha sabo­tato in maniera siste­ma­tica la nostra rispo­sta col­let­tiva al cam­bia­mento cli­ma­tico, una minac­cia che si è pro­fi­lata pro­prio quando quella ideo­lo­gia era al suo apice.

Il pro­blema cen­trale è che l’abbraccio mor­tale eser­ci­tato in que­sto periodo dalla logica di mer­cato sulla vita pub­blica fa appa­rire le rea­zioni più ovvie e dirette alle que­stioni cli­ma­ti­che come un’eresia poli­tica. Per fare un esem­pio: come si può inve­stire mas­sic­cia­mente in ser­vizi pub­blici e infra­strut­ture a emis­sioni zero in un momento in cui la sfera pub­blica viene siste­ma­ti­ca­mente sman­tel­lata e sven­duta? I governi come pos­sono rego­la­men­tare, tas­sare e pena­liz­zare pesan­te­mente le aziende di com­bu­sti­bili fos­sili in un momento in cui qual­siasi mano­vra del genere viene liqui­data come un resi­duo di comu­ni­smo auto­ri­ta­rio? E, infine, come si può dare soste­gno e tutele al set­tore delle ener­gie rin­no­va­bili per sosti­tuire i com­bu­sti­bili fos­sili quando «pro­te­zio­ni­smo» è diven­tata una parolaccia?

Se fosse stato diverso, il movi­mento per il clima avrebbe ten­tato di sfi­dare l’ideologia estrema che sta osta­co­lando tante azioni sen­sate, avrebbe unito le forze con altri set­tori per dimo­strare che il potere delle cor­po­ra­tion, lasciato senza freni, rap­pre­senta una grave minac­cia per l’abitabilità del pianeta.

Gran parte del movi­mento per il clima, invece, ha spre­cato decenni pre­ziosi nel ten­ta­tivo di inca­strare la chiave qua­drata della crisi cli­ma­tica nella toppa rotonda del « capitalismo dere­go­la­men­tato», alla ricerca infi­nita di solu­zioni al pro­blema che fos­sero for­nite dal mer­cato stesso.

 

Naomi-Klein - foto di anya chibis

* dall’introduzione a «This chan­ges eve­ry­thing. Capi­ta­lism vs. the cli­mate[1]» (New York – Lon­don, 2014). Per gen­tile con­ces­sione degli edi­tori, tra­du­zione di Bar­bara Del Mer­cato, edi­ting Mat­teo Bartocci.
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  1. This chan­ges eve­ry­thing. Capi­ta­lism vs. the cli­mate: http://www.amazon.it/gp/product/B00JHIDON6/ref=as_li_ss_tl?ie=UTF8&camp=3370&creative=24114&creativeASIN=B00JHIDON6&linkCode=as2&tag=ilmanifesto-21

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2014/09/i-gas-tossici-capitalismo/