by redazione | 17 Settembre 2014 9:51
I quattro nemici giurati del governo degli Stati Uniti riuniti all’insegna dello slogan «The moment of truth», il momento della verità. È successo al Town Hall di Auckland, in Nuova Zelanda, dove — in vista delle elezioni politiche del 20 settembre — il miliardario imprenditore informatico Kim Dotcom ha riunito davanti a 1500 sostenitori entusiasti l’ex tecnico della Cia Edward Snowden, il giornalista responsabile della diffusione dei documenti di Snowden, Glenn Greenwald e il fondatore di Wikileaks Julian Assange. Scopo dell’incontro: sostenere l’Internet Party lanciato da Dotcom a gennaio e fomentare l’indignazione nazionale seguita alle rivelazioni, comparse nei giorni scorsi su Intercept (il sito di Greenwald finanziato dal fondatore di eBay Pierre Omidyar), riguardo l’esistenza di un programma di sorveglianza — nome in codice: Speargun — dei cittadini neozelandesi da parte del governo.
In quanto cittadino tedesco, Dotcom — agli arresti domiciliari in Nuova Zelanda dal gennaio 2012 con l’accusa di aver violato il copyright causando danni per 500 milioni di dollari con il sito di filesharing Megaupload — non può candidarsi alle elezioni, ma dietro il volto e il nome della candidata ufficiale, la sindacalista Laila Harre, ci sono i soldi (il suo patrimonio personale si stima intorno ai due miliardi di dollari) e il programa politico dell’hacker più temuto da Hollywood: web più veloce e meno costoso, posti di lavoro high-tech, protezione della privacy e dell’indipendenza dei cittadini digitali. Pilastri su cui è possibile immaginare una «Internazionale di Internet» che troverebbe il suo palco di prova proprio nelle elezioni neozelandesi.
Non è un caso se il primo ministro John Key, travolto dalle critiche per aver negato l’esistenza di un sistema «interno» di spionaggio, ha attaccato la riunione dei quattro con un astio che si riserva ai nemici migliori. Greenwald, definito dal primo ministro «il piccolo scagnozzo di Dotcom», ha aperto il suo intervento dichiarando: «Non è così comune arrivare in un Paese e , in meno di 24 ore, essere offeso dal capo di Stato con epiteti da adolescente». E se Julian Assange ha parlato di «annessione ufficiale» della Nuova Zelanda all’«alleanza di agenzie di intelligence» guidate dagli Stati Uniti, Edward Snowden — collegato come Assange attraverso uno schermo — ha dichiarato che la National Security Agency avrebbe strutture attive in Nuova Zelanda.
Nonostante la vittoria dell’Internet Party sia considerata improbabile, la sola entrata del partito nel Parlamento neozelandese (basta il 5% dei voti) segnerebbe l’inizio di una nuova era politica per gli attivisti digitali. Una prospettiva che, da un lato, aiuterebbe a porre al centro dell’agenda politica occidentale temi ancora tropo sottovalutati dai governi come la libertà di Internet e la tutela della privacy online, ma, dall’altro, rischierebbe di portare con sé tutte le contraddizioni dei personaggi che lo rappresentano pubblicamente: dall’amore per il denaro e la «bella vita» di Kim Dotcom ai controversi rapporti con il governo russo di Edward Snowden fino alle ambiguità di Julian Assange.
Serena Danna
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