La doppia strada per ridurre il debito
ROMA — Doveva entrare già nello sblocca Italia, ma è rimasto fuori come altre norme solo perché quel decreto rischiava di divenire troppo pesante. Ma il nuovo meccanismo per favorire il cambio di destinazione d’uso degli immobili è pronto, il governo Renzi lo considera uno dei passaggi fondamentali per riavviare l’attività economica e valorizzare il patrimonio pubblico, e sarà inserito nel pacchetto della legge di Stabilità. Nel frattempo il governo sta ripensando i rapporti con gli enti locali, andando oltre il federalismo demaniale. Il sottosegretario al ministero dell’Economia Pier Paolo Baretta ha appena definito con i Comuni il trasferimento di 9.000 immobili a titolo gratuito: se saranno venduti entro tre anni, lo Stato avrà il 25% del ricavato, altrimenti saranno riacquisiti al Demanio.
Il governo di Matteo Renzi si muove sulla strada della valorizzazione e della dismissione del patrimonio immobiliare. All’orizzonte non c’è nessun piano straordinario di abbattimento del debito pubblico, come ha ricordato anche ieri il premier Matteo Renzi nell’intervista al Sole 24 Ore . Giocare tutto sulle dismissioni, date le condizioni attuali del mercato immobiliare, sarebbe un suicidio, anche economico e non solo «reputazionale». Piuttosto, quella che sta prendendo corpo, sempre con l’obiettivo di ridurre il debito, pare una strategia articolata, basata su tre piani: la razionalizzazione degli immobili a uso governativo o comunque pubblico, la valorizzazione e le dismissioni. E che potrebbe comunque prendere spunto anche dai tanti contributi di economisti e banche d’affari arrivati sul tavolo di Palazzo Chigi, ultimi quelli del gruppo Rothschild che hanno consegnato a Renzi alcune «idee» di metodo che potrebbero consentire un taglio del debito tra i 100 e i 300 miliardi.
In attesa che le dismissioni divengano appetibili, si prova intanto a valorizzare, anche superando i colli di bottiglia della burocrazia e della normativa. In questo contesto, mettendo in campo anche i fondi immobiliari pubblici come Invim.It, si potrà tentare qualche operazione di calibro importante nei prossimi mesi, sempre per spuntare il debito. Renzi e Padoan non sembrano credere ai piani shock che da un giorno all’altro possano abbattere quella montagna. Ma sanno che sul fronte del debito bisognerà intervenire, e anche molto presto, se vorranno tempi un po’ più lunghi rispetto a quelli concordati con l’Europa per arrivare al pareggio di bilancio.
Dal 2015 scatta infatti la nuova regola del debito, quella che prevede la riduzione di un ventesimo l’anno della differenza tra il livello attuale e il valore di riferimento dei Trattati del 60% del Prodotto interno lordo. Ma già quest’anno si sarebbe dovuto fare qualche cosa per avvicinarsi al traguardo. Il che oggi sembra ancora più difficile dopo la frenata del premier sulla cessione di ulteriori quote Eni ed Enel controllate dal Tesoro.
In ogni caso, nel 2014 il debito pubblico italiano raggiungerà il 134,9% del Pil, secondo il Documento di economia e finanza di aprile, al suo settimo anno consecutivo di crescita (dal 2007). È vero che ha pesato il pagamento delle fatture arretrate della Pubblica amministrazione, e che senza i prestiti alla Grecia saremmo sette-otto punti sotto, ma siamo arrivati al record storico assoluto. Nel 2015, secondo i piani del governo dell’aprile scorso, dovrebbe ricominciare la discesa, anche a ritmi piuttosto sostenuti. Secondo il piano di aprile, si poteva scendere velocemente fino al 120% circa del 2018, sempre rispettando la regola del «ventesimo».
Il peggioramento della congiuntura, però, è stato evidente. E se questo non ci espone a grossi rischi di infrazione europea per lo sforamento del limite di indebitamento, perché il 3% non dovrebbe comunque essere a rischio, l’impatto della congiuntura negativa potrebbe mettere l’Italia in seria difficoltà con il rispetto delle nuove norme sul debito. Anche per questo, senza far affidamento sulle ricette miracolose, il governo si sta attrezzando.
Il prossimo passaggio sarà la facilitazione delle procedure per il cambio di destinazione d’uso degli immobili. Era una delle norme inserite da Enrico Letta nel pacchetto «Destinazione Italia», ma come il resto è rimasta lettera morta. Ora si appresta a essere resuscitata. E potrebbe non essere l’unica misura per agevolare la valorizzazione e la dismissione degli immobili pubblici. La stessa legge di Stabilità, dicono al Mef, potrebbe avere un capitolo specifico dedicato alla privatizzazione del patrimonio.
Mario Sensini
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