Carcere, le due riforme del governo. E Renzi «commissaria» Orlando
Sul riassetto dell’amministrazione penitenziaria la schizofrenia del governo Renzi/Alfano è all’apice. “Commissariato” – si potrebbe dire – il Guardasigilli Andrea Orlando, a competere ora con la sua riforma del sistema carcerario ci sarebbe anche un altro progetto, uguale e contrario, formulato da una commissione di magistrati nominata a luglio dal premier Matteo Renzi. Capitanata dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri (che aveva già fatto parte di un’altra task-force analoga nominata dal governo Letta), la commissione è formata da una dozzina di docenti universitari, magistrati, giuristi e avvocati (chiamati a titolo gratuito) tra cui il consigliere della corte di Cassazione Piercamillo Davigo e il procuratore aggiunto di Messina, Sebastiano Ardita, ex direttore generale del Dap.
Questa sorta di “governo ombra” della Giustizia starebbe lavorando, secondo indiscrezioni fatte trapelare da Palazzo Chigi, tra le altre cose anche sul carcere, ipotizzando di abolire il Dap e di trasformare la polizia penitenziaria in un corpo che operi maggiormente sul territorio, in modo da sgravare di alcune incombenze le altre forze dell’ordine. Una sorta di «polizia di giustizia» addetta anche al controllo delle persone sottoposte a misure alternative al carcere o degli ex detenuti, o che esegue gli ordini di arresto dei condannati in via definitiva, o che ricerca i latitanti, protegge i collaboratori di giustizia, e così via. Una strada, questa, che sarebbe pure accolta «con favore» — confida al manifesto Donato Capece, segretario generale del Sappe, ma che dovrebbe allora tenere conto della necessità di «potenziare gli organici» della polizia penitenziaria. Ed è evidente che una tale richiesta rischierebbe di vanificare gli obiettivi di razionalizzazione e risparmio della commissione Gratteri.
In tutt’altra direzione si muove invece il ministro Orlando che si prefigge di portare in Consiglio dei ministri, entro il 15 ottobre prossimo, una revisione del Dap basata semplicemente sul decentramento e sull’accorpamento di funzioni in modo da diminuire le spese. Il Guardasigilli, che oggi riceverà in via Arenula i sindacati dei comparti funzione pubblica, sicurezza e polizia penitenziaria, sta pensando all’eliminazione delle direzioni generali “Beni e servizi”, sia presso il Dap che nel Dipartimento giustizia minorile, nonché alla soppressione della Direzione generale bilancio del Dap e alla riduzione da 16 a 10 dei Provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria. Ma soprattutto, per distinguere nettamente i percorsi di riabilitazione del condannato fuori e dentro le mura del carcere, vorrebbe trasferire l’esecuzione penale esterna, alternativa alla detenzione, dal Dap al Dipartimento giustizia minorile, sia per i minori sia per gli adulti.
Due visioni generali diverse dunque — quella di Renzi e quella del ministro Orlando — del carcere e della funzione del Dap. Probabilmente inconciliabili. Tanto più perché non è chiaro se, nel progetto della commissione Gratteri, gli agenti penitenziari passerebbero alle dipendenze del ministero degli Interni. E neppure, una volta liquefatto il Dap, chi andrebbe a gestire tutto il resto del personale che opera nelle carceri.
E infine diventa sempre più pressante un ultimo interrogativo: quale tipo di figura si immagina a dirigere la nuova amministrazione penitenziaria, sia pur così ristrutturata? Chi sarà il nuovo capo, posto vacante dal 28 maggio scorso? Un compito che finora è stato affidato soprattutto a magistrati, malgrado in molti auspicano che la scelta ricada su una persona capace di valorizzare tutte le altre professionalità del mondo carcerario, troppo trascurate. Potrà cambiare nome, il Dap, ma la funzione inevitabilmente resterà. Si spera con retribuzioni apicali inferiori a quelle fin qui percepite, se è vero che fino al 2013 l’indennità del capo del Dap ammontava a 500 mila euro, come riporta l’interrogazione parlamentare presentata dal senatore del Psi Enrico Buemi. Attendendo una risposta, e la conclusione dei lavori del “governo ombra”, nel frattempo le carceri sono senza un governo.
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