by redazione | 6 Settembre 2014 8:28
Tre ragazzi in sella a uno scooter senza casco quasi alle tre di notte di giovedì scorso, una pattuglia dei carabinieri li intercetta, intima l’alt. Non si fermano. Il più piccolo, Davide Bifolco, diciassette anni il 27 di questo mese, resta a terra morto con un solo colpo al cuore. Un inseguimento iniziato a viale Traiano e terminato nel sangue a via Cinthia, quartiere napoletano di Fuorigrotta. Questi gli unici dati su cui convergono due differenti ricostruzioni dei fatti.
Secondo l’Arma, la sequenza comincia con i militari che, durante controlli di routine, riconoscono nel gruppo sul motorino Arturo Equabile, ventitreenne accusato di furto, latitante dallo scorso febbraio perché scappato dagli arresti domiciliari. I ragazzi non si fermano all’alt, l’inseguimento termina quando lo scooter urta un’aiuola. Equabile riesce a fuggire a piedi, Davide e l’amico diciottenne Salvatore Triunfo (con precedenti per furto e danneggiamento) vengono fermati. Durante l’arresto uno dei militari avrebbe «accidentalmente» esploso un colpo con la pistola d’ordinanza, che ha raggiunto al cuore Davide. Portato al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, sarebbe deceduto lì.
Nel quartiere raccontano una storia completamente diversa. In giro oltre ai tre ragazzi, c’erano due amici su un altro motorino, uno di loro — Enrico — racconta: «Non si sono fermati perché non avevano il patentino e l’assicurazione. I carabinieri hanno speronato il mezzo facendoli cadere. Uno è scappato, gli altri due li avevano fermati, doveva finire lì. Invece uno dei militari prima lo ha sparato e poi lo ha ammanettato mettendogli pure la faccia nella terra dell’aiuola». La madre viene informata da conoscenti, credeva di dover portare i documenti per risolvere un piccolo guaio, il figlio l’aveva salutata dicendole «faccio un ultimo giro e torno», invece ha trovato Davide già morto.
La mattina durante i sopralluoghi della scientifica è scoppiata la rabbia del quartiere, due volanti distrutte e due gazzelle con i vetri fracassati, lancio di sampietrini e altri oggetti dalle finestre. Un centinaio di persone tenute a bada ma facendo attenzione a non far esplodere la situazione. «C’erano anche i nostri figli» urlano le donne. Le facce sono tese: «Al Rione Traiano i carabinieri non li vogliamo più». I vicini si riuniscono sotto casa della famiglia sconvolta, dello stato nessuno vuole sentire parlare. «Tutto quello che c’è da sapere — urlano — è che un ragazzo, un bravo ragazzo, è andato a fare un giro e non è tornato più a casa». In diretta Tv ieri pomeriggio su Canale 5 è arrivata anche la versione di Salvatore Triunfo (denunciato per favoreggiamento di latitante e resistenza a pubblico ufficiale): «Eravamo in tre, il motorino era senza assicurazione ed eravamo senza casco. L’auto dei carabinieri ci ha tamponato e fatti cadere, il ragazzo che guidava è scappato, io sono rimasto a terra e Davide si è alzato. Il carabiniere gli ha sparato direttamente alle spalle, non ha sparato in alto. Un solo colpo e l’ha ucciso. E con lui a terra, li ho sentiti ridere». Gli investigatori dell’Arma hanno richiesto l’invio del file video con l’intervista.
Il padre di Davide era fuori Napoli, vende nei mercatini, perciò è riuscito a raggiungere la famiglia solo nel primo pomeriggio di ieri. Il fratello Tommaso, che lavora alla manutenzione degli ascensori, è furioso: «Mio fratello è stato ucciso, non inventassero scuse. Aveva solo 16 anni. Mi vergogno di essere un italiano, chi ci chiederà scusa per quello che è successo? Mio fratello era un ragazzo d’oro, non era armato, non aveva droga, mai fatto rapine. Avrebbe finito la scuola e imparato il mio stesso mestiere. Stava facendo solo un giro nel quartiere con il suo motorino e per questo a Napoli si deve essere uccisi?».
Rabbia e lacrime, Tommaso continua: «L’hanno ucciso tre volte. L’hanno buttato a terra, sparato e poi ammanettato. La testa di Davide schiacciata al suolo. Quando abbiamo potuto vedere il corpo, aveva la bocca piena di terra. Se l’autore di tutto questo fossi stato io a quest’ora stavo in cella e avevano buttato la chiave. Davide forse si è spaventato, forse voleva evitare il sequestro, per questo non si è fermato». Distrutta anche la madre, Flora: «Quando gli ha sparato non l’ha visto in faccia? non ha visto che Davide era un bambino?».
Il carabiniere, un ventiduenne in servizio al nucleo radiomobile, è indagato per omicidio colposo. La procura di Napoli ha avviato un’indagine «diretta a ricostruire l’accaduto senza trascurare alcuna ipotesi» spiega il procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso. L’autopsia sul corpo di Bifolco verrà effettuata non prima di lunedì prossimo.
Due altri casi ricordano quello che è successo giovedì notte. Il 31 luglio scorso, a Cardito, nel napoletano, il ventisettenne Antonio Mannal, che aveva appena rapinato una coppia di fidanzati, è stato colpito a morte mentre veniva ammanettato. Ma il precedente che viene alla mente è l’uccisione di Mario Castellano, diciassettenne di Bagnoli, a poca distanza dal Rione Traiano. La notte del 21 luglio del 2000, a bordo del suo motorino, senza casco, documenti e senza assicurazione, non si ferma all’alt di una volante della polizia. Scappa per evitare l’ennesima multa. Uno dei poliziotti, Tommaso Leone, cerca di bloccarlo due volte, il ragazzo sfugge ancora. Leone alza la pistola d’ordinanza, prende la mira e spara. La famiglia ha dovuto attendere nove anni per avere la condanna definitiva.
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