« Bifolco ucciso da un colpo frontale »

by redazione | 11 Settembre 2014 7:50

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Dall’autopsia ese­guita ieri mat­tina le prime cer­tezze sulla morte di Davide Bifolco, il ragazzo non ancora dicias­set­tenne morto gio­vedì notte per il colpo esploso dall’arma di ordi­nanza di un cara­bi­niere al Rione Tra­iano di Napoli. Il legale della fami­glia, Fabio Anselmo, in mat­ti­nata ha rac­con­tato i primi dati emersi: «Il fatto che la pal­lot­tola sia entrata davanti è un fatto, che quel tra­mite sia stato iden­ti­fi­cato e abbia quell’angolatura è un altro dato, che sia uscito dalla schiena è il terzo dato e su que­sto siamo tutti d’accordo». In attesa del referto uffi­ciale, è con­fer­mato che il pro­iet­tile è stato esploso fron­tal­mente «con dire­zione tra­sver­sale. La tac ci dà il trac­ciato esatto del colpo, si tratta di una linea quasi oriz­zon­tale per­corsa dal pro­iet­tile, non ver­ti­cale, ed è com­pa­ti­bile con quanto abbiamo appreso da testimoni».

Non sono sorte con­te­sta­zioni tra il medico legale Mas­si­mi­liano Espo­sito e il perito di parte Vit­to­rio Fine­schi (per la fami­glia Bifolco), a dif­fe­renza ad esem­pio di quanto acca­duto nel caso Cuc­chi «dove nes­suno era d’accordo con nes­suno». Ieri è stata com­ple­tata anche la peri­zia bali­stica, «mi auguro — ha con­cluso Anselmo — che il corpo sia rapi­da­mente resti­tuito alla fami­glia al ter­mine delle pro­ce­dure. Spe­riamo che non si ripeta quello che è suc­cesso con Ric­cardo Maghe­rini, la cui salma è ferma nella cella fri­go­ri­fera dell’istituto di medi­cina legale da sei mesi».

La mat­ti­nata al Secondo Poli­cli­nico è tra­scorsa in attesa di noti­zie, fami­liari e amici rac­colti sul ciglio del viale che costeg­gia l’edificio dove si ese­gui­vano gli accer­ta­menti. Argo­mento di discus­sione le ver­sioni discor­danti intorno alla morte di Davide, ver­sioni che diven­tano sem­pre più dif­fe­renti col pas­sare dei giorni. «Non c’era nes­sun posto di blocco — dicono – e nes­sun alt inti­mato con la paletta ai tre ragazzi senza casco sul moto­rino. E’ suc­cesso quello che suc­cede sem­pre: hanno segna­lato coi lam­peg­gianti da die­tro, i ragazzi che non ave­vano il paten­tino sono scap­pati. L’auto dei cara­bi­nieri li ha spe­ro­nati, un mili­tare è corso appresso a Enzo Ambro­sio. L’altro è uscito dalla vet­tura con la pistola senza sicura, il colpo in canna e ha spa­rato a Davide guar­dan­dolo in fac­cia. E’ inu­tile che dice che è inciam­pato». Quel cara­bi­niere dicono di cono­scerlo: «E’ uno che girava per il rione dicendo ’sarò il vostro peg­giore incubo’. Quelli cre­dono di avere intorno il nemico ma sono solo ragazzi abban­do­nati in un quar­tiere senza poli­ti­che sociali».

Ma chi inse­guiva l’altro mili­tare? La ver­sione dell’Arma è che la pat­tu­glia era sulle tracce di Arturo Equa­bile, sfug­gito ai domi­ci­liari dallo scorso feb­braio. Sarebbe stato lui, e non Enzo Ambro­sio, il terzo sullo scoo­ter, la pat­tu­glia avrebbe inti­mato l’alt per­ché l’avrebbe rico­no­sciuto. Mar­tedì però i gior­na­li­sti de Il fatto quo­ti­dianohanno rin­trac­ciato la pri­mula rossa del Rione Tra­iano: «Quella notte io non c’ero – ha rac­con­tato Equa­bile -. Un’ora prima del fatto sono venuti i cara­bi­nieri nella casa dove stavo. Erano con le pistole in pugno e gri­da­vano apri, bastardo. Ho avuto paura e sono scap­pato in un’altra casa. Dopo tre quarti d’ora ho saputo che in un’altra parte del quar­tiere c’era stata la sparatoria».

Sostiene di non aver com­messo il furto di cui è accu­sato: «Ho spez­zato i domi­ci­liari e i cara­bi­nieri sono incaz­zati con me per­ché non rie­scono a pren­dermi. Veni­vano per pren­dermi e io scap­pavo, e loro si incaz­za­vano. Qual­cuno diceva che se mi pren­de­vano i cara­bi­nieri mi ammaz­za­vano. E io mi chiedo: per­ché hanno ammaz­zato Davide? Al posto suo potevo esserci io». Equa­bile dice di volersi con­se­gnare all’autorità giu­di­zia­ria: «Mi costi­tuirò per dire la verità sulla morte di Davide, ma i cara­bi­nieri non devono arre­starmi. Ho paura, non voglio fare la fine di Cucchi».

Il legale del mili­tare accu­sato di omi­ci­dio col­poso, l’avvocato Sal­va­tore Pane, ritiene invece che i primi dati con­fer­mino la ver­sione del suo cliente: «Dagli esami scien­ti­fici nes­sun altra verità potrà emer­gere rispetto a quella venuta fuori dalle dichia­ra­zioni del cara­bi­niere: il colpo è acci­den­tale, è inciam­pato sul mar­cia­piede tra­sci­nato dal gui­da­tore dello scooter».

Non c’è ancora cer­tezza sulla data della sepol­tura: la magi­stra­tura ha richie­sto altri esami, quindi le ese­quie non sono ancora state auto­riz­zate. La fami­glia nel pome­rig­gio di ieri ha alle­stito comun­que la camera ardente nell’associazione dedi­cata alla Madonna dell’Arco e ad Aldo Moro, sulla stessa strada dove è stato ucciso Davide. Il biliardo al cen­tro del locale al pian ter­reno è stato con­ver­tito in cata­falco: un len­zuolo bianco rica­mato nasconde il panno verde, la sta­tua di Gesù e quella di Padre Pio a gran­dezza natu­rale vegliano ai lati. All’esterno fiori, mes­saggi e sciarpe del Napoli, men­tre il quar­tiere riprende ad affol­larsi. Nep­pure ieri sono stati in casa: tutti insieme si sono rimessi in mar­cia, come nei giorni scorsi. La desti­na­zione di ieri è stata la chiesa di San Vitale in viale Augu­sto a Fuo­ri­grotta, il quar­tiere accanto al loro. In cor­teo per chie­dere giu­sti­zia e verità men­tre indos­sano le magliette «Davide vive». Non si arren­dono e non vogliono scordarlo.

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