Appunti da un mondo al capolinea
Aldo Bonomi e Giuseppe De Rita portano avanti da tempo un prolungato confronto e lavoro di ricerca sulle trasformazioni sociali del Bel Paese, fino all’agile Dialogo sull’Italia. L’eclissi della società di mezzo (Feltrinelli, pp. 96, euro 9). In questa occasione i due autori si confrontano con il radicale disallineamento tra sociale e politico, che ha eliminato lo spazio orizzontale della «società di mezzo», artefice di relazioni sociali, economiche e istituzionali in grado di tenere insieme un intero Paese, pur attraversato da forti tensioni e differenze. È il tramonto ventennale dei corpi intermedi, associazioni, circoli, movimenti, comitati, sindacati e partiti radicati nei territori, che riarticolavano il conflitto tra capitale e lavoro, oltre l’incombenza dello Stato e non abbandonando l’individuo nelle maglie strette delle reti familiari.
Sembra di essere al capolinea di una storia repubblicana forgiata dal basso di conflitti sociali, sperimentazioni economiche e invenzioni istituzionali indagate da Giuseppe De Rita dagli anni Cinquanta alla infinita transizione italiana fuori dalla prima Repubblica e dentro l’avvento del capitalismo molecolare, osservato in modo partecipato proprio da Aldo Bonomi. Eccoci giunti a un panorama frammentato, nel quale «la lotta di classe è quella espressa dall’alto dei flussi globali, ma non regge come strumento di interpretazione di ciò che accade nei territori» (Bonomi). Ma è lo stesso De Rita a insistere sul concetto di «classe», inteso però «come stile di vita e di appartenenza», verso cui protende quel che rimane di un ceto medio investito da radicali scossoni. Il lungo e tortuoso processo di «cetomedizzazione» delle classi subalterne italiane è in forte tensione. Da un lato si apre il pertugio, assai stretto, attraverso il quale si tenta la scalata all’élite dell’alto ceto medio. Dall’altro si amplia il processo di precarizzazione che attraversa il ceto medio, facendolo sprofondare in condizioni di insicurezza sociale ed economica. È «il quinto stato» di precarizzati del lavoro della conoscenza, di cura e servizio alla persona, composto da intermittenti, soprattutto nelle retribuzioni e che Bonomi e De Rita definiscono come «i sommersi del capitalismo liberista».
In questo scenario si è inserito Matteo Renzi, con gli 80 euro di assai scarno sostegno a quel ceto medio impoverito, rivendicando la sua appartenenza alla società di mezzo degli scout e con l’aspirazione di essere il leader di un «partito della nazione» imbevuto di leaderismo e populismo. Qui torna utile la critica di Bonomi e De Rita alla verticalizzazione della burocrazia politica, contro l’orizzontalità dei territori: un processo inarrestabile nelle democrazie occidentali, da oltre cinquant’anni. Da Charles de Gaulle, mattatore prima della radio e successivamente della televisione francese, al ventennio di Silvio Berlusconi, passando per Ronald Reagan, fino al «grillismo» e al «renzismo« ai tempi della rete e dell’antipolitica in 140 caratteri, via Twitter. E questa personalizzazione egotica della leadership statale, plebiscitaria e populistica, nulla può contro lo strapotere trentennale delle oligarchie tecnocratiche globali.
Eppure Bonomi e De Rita ci esortano a cercare ancora, evitando sia la facile retorica della «buona» società civile, contro la conclamata inadeguatezza delle classi dirigenti politiche, che lo sterile gioco dell’indignazione virtuale e dell’immobilismo sociale, nell’attuale società dello spettacolo telematico. Gli indizi del cambiamento necessario si rintracciano nelle «resistenze sperimentate nei territori» e nelle possibilità di attivare «politiche di scopo» che tutelino gli interessi delle cittadinanze. È la «dialettica tra flussi e luoghi», a partire da «piattaforme territoriali» dove rendere operative coalizioni sociali che riempiano il vuoto lasciato dalla società di mezzo, per disegnare un diritto alla città, fatto di autogoverno, connessioni orizzontali e nuove istituzioni. Una sfida dal basso, che riguarda tutti: cittadinanze e sommersi del capitalismo finanziario, come una nuova generazione di amministratori locali, disponibile a comprendere il valore della posta in palio.
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