Amianto alla Olivetti, 39 indagati «Lavoratori non tutelati dai rischi»
IVREA Negli stabilimenti Olivetti che la Procura di Ivrea ha indicato come luoghi di contaminazione, l’amianto ha ucciso e continuerà a uccidere. Sono le officine di San Bernardo, lo stabilimento di Aglié, i reparti A, C e D di Scarmagno, l’Ico e le officine H. Il cuore dell’azienda leader nella produzione delle macchine per scrivere e poi dei calcolatori e dei personal computer. Responsabilità oggettive e penali, spiegano i magistrati, ricadono su chi ha gestito l’Olivetti in ruoli dirigenziali. La Procura, nell’avviso di conclusione delle indagini, indica 39 persone, a vario titolo accusate di omicidio colposo e di lesioni personali.
Nomi che rappresentano la storia dell’azienda nei suoi ultimi trent’anni: da Camillo Olivetti, oggi ottantatreenne, a Carlo De Benedetti, al figlio Rodolfo, al fratello Franco, a Roberto Colaninno (per lui l’accusa è di lesioni), all’ex parlamentare (Pds e poi Ds) Giorgio Panattoni, amministratore delegato dal 1987 al 1989, ad altri dirigenti quali Filippo Demonte, Angelo Fornasari, Maria Luisa Lizier, Sergio Lupo, Silvio Preve e ancora Marco De Benedetti, David Olivetti e l’ex ministro nel governo Monti, già ai vertici dell’azienda eporediese e oggi leader di Italia Unica, Corrado Passera.
Le indagini si sono concentrate sui decessi avvenuti tra il 2008 e i primi mesi di quest’anno. Si tratta di dipendenti che tra la fine degli anni Settanta e il ’90 avevano lavorato in reparti contaminati da fibre di amianto e che, successivamente, si sono ammalati. Ai nomi degli indagati, nel documento firmato dai magistrati, se ne oppongono 13 di operai e impiegati deceduti, e sette a cui e è stato diagnosticato il cancro.
In un comunicato diffuso ieri, Carlo De Benedetti ribadisce «la propria totale estraneità ai fatti contestati e attende con fiducia le prossime fasi del procedimento, nella convinzione che possano essere chiariti i singoli ruoli e le specifiche funzioni svolte all’interno dell’articolato assetto aziendale della Olivetti». Nel ribadire la propria vicinanza alle famiglie degli operai coinvolti, De Benedetti «ricorda che, nel periodo della sua permanenza in azienda, l’Olivetti ha sempre prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alle conoscenze scientifiche dell’epoca».
Di opinione diversa, dopo le indagini che si sono sviluppate a seguito di esposti presentati dalla Cgil, il procuratore di Ivrea Giuseppe Ferrando: «È stato portato a termine un lavoro complesso e serio, che ha fatto emergere carenze nella prevenzione di questi eventi». Nell’avviso di conclusione delle indagini i magistrati accusano i dirigenti dell’azienda: «Non rendevano edotti i lavoratori del rischio di inalazioni di fibre-polveri d’amianto, anche dopo aver rilevato, nel 1977, la presenza di amianto… Contravvenivano all’obbligo di fornire ai lavoratori i necessari mezzi di protezione e tutto ciò avveniva per colpa, negligenza, imprudenza e imperizia».
Marco Bardesono
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