All’Onu l’asse fra Usa e l’Iran per combattere contro l’Isis
NEW YORK — L’Assemblea generale dell’Onu che si riunirà la prossima settimana al Palazzo di Vetro, sarà l’occasione per rafforzare e dare contenuto alla coalizione internazionale contro l’Isis, ma anche per allargare il consenso e il livello di consapevolezza della necessità di una lotta senza riserve al terrorismo tra i Paesi delle Nazioni Unite. Uno sforzo iniziato già ieri sera nella riunione del Consiglio di sicurezza sull’Iraq presieduta dal segretario di Stato Usa, John Kerry.
E le novità non sono mancate, a partire dal riconoscimento dello stesso Kerry che «anche l’Iran ha un ruolo per distruggere l’Isis». Parole significative soprattutto perché arrivano dopo giorni di colloqui diplomatici in margine al negoziato sul nucleare di Teheran nei quali si è discusso approfonditamente della minaccia mortale rappresentata dall’Isis. E così, mentre sui campi di battaglia continuano i raid aerei americani ai quali ora si è aggiunta anche la Francia che nella prima incursione dei suoi cacciabombardieri Rafale ha distrutto un deposito di armi ed esplosivi in Iraq uccidendo decine di terroristi (parole del presidente Hollande), a New York è iniziata una nuova fase del lavoro della coalizione alla quale hanno aderito una quarantina di Paesi.
Qui da un lato c’è da stabilire chi fa che cosa per distruggere l’Isis perché, come ha detto chiaramente Barack Obama e come Kerry ha ripetuto anche ieri alle Nazioni Unite, «davanti a una simile barbarie, c’è una sola opzione possibile: un’azione collettiva» contro il califfato. Insomma, viene ribadito ancora una volta che questa non è una guerra americana, non c’è uno sforzo militare che gli Stati Uniti sosterranno da soli. Del resto lo stesso ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, che ieri è intervenuta al dibattito in Consiglio di sicurezza, parlando poco prima dell’inizio dei lavori coi giornalisti ha sottolineato che è importante chiarire il ruolo di ognuno nella coalizione, ma anche coinvolgere al massimo i Paesi dell’area mediorientale per dimostrare al mondo che questa non è una guerra dell’Occidente ma una sollevazione planetaria contro il terrorismo più efferato. E, in effetti, ieri, i 15 membri del Consiglio di sicurezza hanno votato all’unanimità un documento che giudica l’offensiva su vasta scala dell’Isis una minaccia mortale in primo luogo per la regione e ribadisce «l’urgente necessità di fermare qualsiasi commercio diretto o indiretto di petrolio dall’Iraq che coinvolge l’Isis, con l’obiettivo di porre fine al finanziamento del terrorismo».
Un contributo all’unanimità su questa materia lo stanno dando anche i russi che hanno giudicato accettabile il linguaggio di una bozza di risoluzione per bloccare i movimenti dei terroristi stranieri (soprattutto occidentali) che si sono arruolati nell’Isis, predisposta dagli americani che in questo mese di settembre hanno la presidenza del Consiglio di sicurezza. Washington spera che i 15 del Consiglio votino la risoluzione contro i «foreign fighters» entro la metà della prossima settimana.
Quanto alle cose da fare, la Mogherini ha escluso che l’Italia possa partecipare ai bombardamenti come sta facendo la Francia: «Non è un tema oggi in discussione nel nostro Paese: è stata già presa la decisione di dare un sostegno umanitario, a cominciare dai sei voli che hanno raggiunto Erbil nelle settimane scorse, mentre altri due seguiranno domani. Alla fine arriveremo complessivamente a 18 velivoli cargo carichi di aiuti». Quanto a quelli militari, il ministro italiano ha ricordato che stiamo fornendo armi e munizioni ai combattenti curdi nel nord dell’Iraq e, a fronte dell’impegno di Paesi come Australia e Germania che manderanno in Iraq militari in veste di consiglieri o di esperti impegnati nell’addestramento delle forze armate irachene, la Mogherini ha detto che questa è una strada che potrebbe essere esplorata anche dall’Italia. Che del resto si è già detta pronta a contribuire nei campi dell’addestramento, della logistica e del rifornimento in volo degli aerei militari della coalizione. Una parola del ministro anche per le iniziative per arginare l’epidemia di Ebola: massimo impegno per debellare una minaccia spaventosa per la sicurezza e lo sviluppo dell’Africa Occidentale, sperando che non abbiano fondamento le voci di un tentativo di usare i germi dell’epidemia a scopi terroristici.
Massimo Gaggi
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