Aborto, marcia indietro della Spagna Il governo ritira la riforma restrittiva
MADRID La riforma dell’ aborto in Spagna non si farà. Non verso quell’«arretramento trentennale dei diritti delle donne» che era stato ipotizzato in un contestatissimo disegno di legge presentato a dicembre. Una riforma presente sì nel programma elettorale del Partido Popular al governo, ma che una volta messa nero su bianco dal ministro della Giustizia Alberto Ruiz Gallardón aveva scatenato l’opposizione di tutta l’Europa femminista e persino di ampi settori dello stesso partito di maggioranza assoluta spagnolo.
La nuova legge avrebbe voluto ridurre il tempo per l’interruzione di gravidanza e nel contempo esigere il parere di due medici per valutare le «conseguenze psicologiche» che un’eventuale gravidanza a termine avrebbe provocato sulla gestante. Si sarebbe così tolto, protestarono a migliaia in piazza, «il controllo delle donne sul proprio corpo e la propria psiche». I meccanismi per accedere alla Sanità pubblica erano così complessi da apparire mirati a rendere l’aborto quasi impossibile. Anche in caso di stupro, ad esempio, l’interruzione di gravidanza era subordinata a una denuncia penale e non solo a una certificazione medica.
Diedero una valutazione negativa le associazioni dei medici, i primari degli ospedali, gli assistenti sociali, tutti i partiti presenti alle Cortes. «Se la riforma spagnola dovesse essere adottata riporterebbe le donne all’età della pietra» disse la ministra francese agli Affari sociali e alla Sanità, Marisol Touraine. Vi furono cortei di sostegno alle donne spagnole in tutta Europa, Italia compresa.
Persino all’interno del Pp si levarono voci contrarie. Forte della sua maggioranza assoluta, il Pp non avrebbe avuto bisogno di voti di altri per far passare il disegno di legge, ma evidentemente è bastato il dibattito interno e le valutazioni sull’impatto che la riforma avrebbe potuto avere in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, a far decidere per il ritiro del testo. Ieri sera solo sparuti gruppi di estremisti cattolici protestavano davanti alle sede del Pp.
Ieri mattina è stato lo stesso presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy ad annunciare la marcia indietro. «E’ la cosa più sensata da fare» ha detto il premier nel suo ormai classico stile sfuggente. Entro Natale il Pp si impegna però a varare un’altra legge, una «riforma light», limitata all’aspetto più controverso dell’attuale normativa: la libertà di aborto per le minorenni senza il consenso dei genitori. Su quest’aspetto non si annunciano levate di scudi anche perché l’aborto «express» voluto dal passato esecutivo socialista di Zapatero aveva scandalizzato anche molti progressisti.
Il ritiro del disegno di legge ha provocato le dimissioni dell’autore del testo, il ministro Ruiz Gallardón che lascia anche il seggio di parlamentare e la direzione del partito. «Dopo 30 anni lascio la politica. So anche che per qualche anno non potrò neppure esercitare la mia professione di avvocato, ma la realtà è che non sono stato capace di portare a termine il compito che mi era stato affidato e, in politica, chi sbaglia deve lasciare il posto ad altri che faranno meglio di lui». Nessuna fronda, nessuna spaccatura, nessuna polemica. Gallardón resta nel partito da semplice militante, professando fedeltà al presidente Rajoy e assumendo su di sé ogni responsabilità per la sua «incapacità a suscitare il giusto consenso». Un atteggiamento sconosciuto in altre culture politiche, quella italiana in primis.
Andrea Nicastro
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