Il vero disastro dei Tornado

Il vero disastro dei Tornado

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La col­li­sione tra due cac­cia Tornado, che ha pro­vo­cato la morte dei quat­tro mem­bri di equi­pag­gio e avrebbe potuto avere con­se­guenze ancora più gravi, ci pone di fronte a una realtà che la poli­tica uffi­ciale si guarda bene dal chia­mare col suo vero nome: guerra. Uni­for­man­dosi a tale «regola», l’aeronautica mili­tare informa che i Tor­nado, veli­voli da com­bat­ti­mento acqui­siti a par­tire dal 1982, ven­gono oggi usati essen­zial­mente per le «ope­ra­zioni di rispo­sta alle crisi con fina­lità stru­men­tali alla voca­zione paci­fica del nostro Paese».
Que­sti cac­cia­bom­bar­dieri — ricorda l’aeronautica — furono impie­gati nel Golfo Per­sico nel 1990/91 (ossia nella prima guerra con­tro l’Iraq). Quindi dal 1993 nei Bal­cani, ossia nella serie di ope­ra­zioni Nato cul­mi­nate nella guerra con­tro la Jugo­sla­via, nella quale i Tor­nado effet­tua­rono insieme ad altri aerei 1440 mis­sioni di attacco. Suc­ces­si­va­mente sono stati usati in Afgha­ni­stan, dove dal novem­bre 2009 sono stati avvi­cen­dati dai cac­cia Amx. Infine, nel 2011, sono stati usati nella guerra con­tro la Libia, nella quale in oltre sette mesi i veli­voli dell’aeronautica mili­tare hanno con­dotto oltre 1900 mis­sioni di attacco, lan­ciando cen­ti­naia di bombe e mis­sili. Nel corso di tali ope­ra­zioni — informa l’Aeronautica — «l’efficacia dei Tor­nado è stata accre­sciuta dall’acquisizione di sistemi d’arma d’avanguardia». Tra i più recenti, due nuovi arma­menti Usa di pre­ci­sione, l’Advanced Anti Radia­tion Gui­ded Mis­sile (Aargm) e la Small Dia­me­ter Bomb (Sdb), che per­met­tono ai cac­cia­bom­bar­dieri di sop­pri­mere le difese aeree nemi­che e col­pire gli obiet­tivi ter­re­stri.
Non a caso i due Tor­nado pre­ci­pi­tati vola­vano a bas­sis­sima quota, tec­nica usata per que­sto tipo di attacco con­dotto in pro­fon­dià in ter­ri­to­rio nemico.
I due cac­cia — impe­gnati in una mis­sione adde­stra­tiva pro­pe­deu­tica ad un’esercitazione Nato in pro­gramma nel pros­simo autunno — erano decol­lati da Ghedi (Bre­scia), base del 6° Stormo. Lo comu­nica l’aeronautica. Non dice però che Ghedi-Torre è, insieme ad Aviano, il sito in cui sono depo­si­tate 70–90 bombe nucleari sta­tu­ni­tensi B-61. Ciò emerge dal rap­porto «U.S. non-strategic nuclear wea­pons in Europe», pre­sen­tato all’assemblea par­la­men­tare della Nato. Le bombe nucleari sono tenute in spe­ciali han­gar insieme a cac­cia­bom­bar­dieri sta­tu­ni­tensi F-15 e F-16 e Tor­nado ita­liani, pronti per l’attacco nucleare.
Lo spie­ga­mento delle armi nucleari sta­tu­ni­tensi in Europa è rego­lato da accordi segreti, che i governi non hanno mai sot­to­po­sto ai rispet­tivi par­la­menti. Quello che regola lo schie­ra­mento delle armi nucleari in Ita­lia sta­bi­li­sce il prin­ci­pio della «dop­pia chiave», ossia pre­vede che una parte di que­ste armi possa essere usata dall’aeronautica ita­liana sotto comando Usa.
A tal fine — rivela il rap­porto — piloti ita­liani ven­gono adde­strati all’uso delle bombe nucleari. Quello che uffi­cial­mente si sa è che le B-61 saranno tra­sfor­mate da bombe a caduta libera in bombe «intel­li­genti», che potranno essere sgan­ciate a grande distanza dall’obiettivo. Le nuove bombe nucleari B61-12 a guida di pre­ci­sione, che avranno una potenza media di 50 kilo­ton (circa quat­tro volte la bomba di Hiro­shima), «saranno inte­grate col cac­cia F-35 Joint Strike Fighter». I piloti ita­liani — che oggi ven­gono adde­strati all’uso delle B-61 con i cac­cia Tor­nado, saranno quindi tra non molto pre­pa­rati all’attacco nucleare con gli F-35 armati con le B61-12. In tal modo l’Italia con­ti­nuerà a vio­lare il Trat­tato di non-proliferazione, che vieta agli stati in pos­sesso di armi nucleari di tra­sfe­rirle ad altri (Art. 1) e a quelli non-nucleari di rice­verle da chic­ches­sia (Art. 2).
Il disa­stroso inci­dente dei due Tornado nei pressi di Ascoli Piceno dovrebbe dun­que suo­nare come un cam­pa­nello d’allarme, non solo riguardo alla sicu­rezza degli abi­tanti sulla cui testa gli aerei si eser­ci­tano alla guerra, ma sulla guerra che ci minac­cia tutti.



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