by redazione | 13 Agosto 2014 9:44
BRUXELLES — Domani è il giorno della «verità» per l’Europa, prendendo in prestito le parole del premier francese Manuel Valls, che alla domanda se non fosse giunto il momento di rivedere il target del deficit ha risposto che il ministro dell’Economia Michel Sapin «dirà ai francesi tutta la verità, affronterà la realtà senza nascondere nulla». Domani Parigi comunicherà il Pil del secondo trimestre. Stesso annuncio da parte della Germania, e subito dopo, alle 11 sarà Eurostat, l’istituto statistico europeo, a comunicare come va la crescita nell’Eurozona.
Le previsioni per la vigilia di Ferragosto danno nuvole su tutta l’area. Nemmeno la Germania, la locomotiva d’Europa, si aspetta un cielo totalmente sereno. È vero che la Bundesbank ha confermato «più o meno» le sue stime di crescita per Berlino, +1,9% per quest’anno e un 2% per il prossimo. Ma l’intervento del presidente Jens Weidmann sembra arrivato proprio per rassicurare i mercati, dopo il crollo ad agosto dell’indice Zew (un indice di fiducia delle imprese) sui minimi del dicembre 2012, che ha riacceso i timori dell’effetto negativo delle sanzioni contro la Russia sulla ripresa dell’area euro e le attese per l’arresto della crescita tedesca nel secondo trimestre (le previsioni della Bundesbank danno la Germania in stagnazione). Weidmann ha parlato a Phoenix tv e ha spiegato che «ci sono rischi geopolitici aumentati, come la crisi in Ucraina, che possono pesare» ma «nel complesso siamo orientati a pensare che il trend di base relativamente positivo continuerà». Ha parlato a Borse chiuse. I listini azionari erano già scivolati. La peggiore è stata Francoforte, in flessione di oltre un punto percentuale. Sul finale anche Milano è andata in rosso, chiudendo in calo dello 0,23% sul Ftse Mib. Parigi ha perso lo 0,85%. Piatta Londra (-0,01%), mentre Madrid ha guadagnato lo 0,47%.
I dati sull’inflazione contribuiscono a rafforzare la definizione data dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, sulla ripresa dell’eurozona: «Debole, fragile e disomogenea». I prezzi al consumo dell’Italia nel mese di luglio si sono confermati al livello più basso dall’agosto 2009, quelli del Portogallo sono scesi dello 0,7% contro lo 0,2% delle attese. E oggi li comunicherà la Francia. Le previsioni sono dello 0,6% su anno a luglio, mentre la stima del governo di Parigi è dell’1,4%. La nostra inflazione acquisita per il 2014 è invece ferma allo 0,3%. Con l’economia reale in questo stato, difficile centrale gli obiettivi di bilancio. A Parigi lo dicono già. Con i dati di domani sarà chiaro che la Francia non riuscirà a ridurre il deficit al 3,8% del Pil quest’anno e portarlo sotto il tetto europeo del 3% nel 2015. E c’è chi ipotizza che la strada obbligata sarà chiedere ai partner europei un altro slittamento negli obiettivi macro, dopo avere già ottenuto una proroga di due anni. Insomma, a Parigi sperano che dato il contesto europeo Bruxelles diventi più dialogante.
Ma la linea delle Commissione europea è chiara. Proseguire sulla strada delle riforme. Ancora ieri l’esecutivo Ue, interrogato sulla situazione dell’Italia, ha ribadito che «lo stato delle finanze pubbliche sarà analizzato in autunno insieme alla legge di Stabilità che tutti gli Stati dell’eurozona devono presentare a metà ottobre». Per la Commissione «come detto la scorsa settimana, è troppo presto in questa fase aggiornare le nostre previsioni sul deficit 2014. Sarà fatto nelle previsioni d’autunno in novembre, che servono anche come basi per la nostra valutazione della legge di Stabilità». Insomma, «il Consiglio in giugno ha raccomandato che l’Italia si attenga strettamente al suo budget e questa raccomandazione è ancora valida». Come quella di attuare «efficacemente» le riforme strutturali — ricordata due giorni fa —, che creano le condizioni per una ripresa della crescita.
Passate le ferie, il tema della flessibilità è probabile che torni sul tavolo di Bruxelles. Nel Consiglio europeo di dicembre 2013, quando ministro per gli Affari europei era Enzo Moavero, erano stati discussi i cosiddetti «partenariati per le riforme». L’intento era di decidere al successivo vertice di ottobre 2014. Obiettivo favorire le riforme strutturali nazionali, accordando specifici incentivi, incluse opportune forme di flessibilità: uno Stato si assume un impegno preciso a varare più speditamente certe riforme, fondamentali per economia e occupazione, in cambio di maggiori margini nei conti pubblici, nel rispetto delle regole attuali. L’Italia è la presidente di turno, è lei che detta l’agenda: i partenariati potrebbero essere una via.
Francesca Basso
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