Siria, liberato un ostaggio americano

by redazione | 25 Agosto 2014 14:40

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NEW YORK . Un americano e un tedesco sono stati rilasciati, separatamente, dalle milizie jihadiste che li tenevano prigionieri in Siria. E sui media Usa e tedeschi rimbalzano interrogativi sulle circostanze del rilascio: è stato pagato un riscatto? Colpisce la prossimità con la tragica fine di James Foley, il giornalista Usa decapitato all’inizio della settimana scorsa. In quel caso gli Stati Uniti avevano ribadito la linea ufficiale
tenuta di fronte ai rapimenti dei propri cittadini: nessuna trattativa con i terroristi, nessun pagamento di riscatto (nel caso di Foley erano stati richiesti 100 milioni di euro) perché il business dei rapimenti è una delle fonti di finanziamento del terrore.
Così, mentre nella guerra dell’Is in Iraq e Siria si registra l’ennesimo bagno di sangue con gli oltre cinquecento morti della battaglia scatenatasi negli ultimi cinque giorni intorno alla base aerea di Tabqa, nella regione settentrionale di Raqqa (ultima sacca di resistenza delle forze di Damasco), ieri il segretario di Stato John Kerry ha potuto salutare la liberazione del reporter americano, Peter Theo Curtis, detenuto da due anni: «Finalmente torna a casa». Poi Kerry ha aggiunto che «l’America usa ogni mezzo diplomatico, militare e di intelligence a disposizione» per ottenere
il rilascio degli altri concittadini che sono tenuti in ostaggio in Siria (si stima ce ne siano ancora una ventina). Kerry ha rivelato che Curtis era prigioniero del Fronte al Nusra, fazione di Al Qaeda che combatte contro Assad ma sarebbe distinto dalle milizie dell’Is che hanno decapitato Foley. Curtis è stato rilasciato in circostanze stupefacenti: era prigioniero ad Aleppo ma è stato consegnato ai caschi blu dell’Onu sulle alture del Golan, quindi ha traversato gran parte della Siria comprese zone sotto il controllo di Assad. La tv Al Jazeera ha citato fonti diplomatiche del Qatar secondo cui sarebbero stati gli emirati arabi del Golfo Persico, incluso lo stesso Qatar, a negoziare questa liberazione. «Il Qatar – ha detto la fonte diplomatica contattata da Al Jazeera – lavora per liberare i prigionieri per ragioni umanitarie».
Nel caso di Curtis sono stati trovati i contatti con le persone giuste in Siria. L’Amministrazione Obama ha interesse a far funzionare questa “triangolazione” attraverso il Qatar e altri emirati per ottenere la liberazione del maggior numero di ostaggi. Da una parte l’intervento di questi mediatori umanitari può consentire il pagamento di riscatti senza contravvenire esplicitamente alla regola Usa. Washington non vuole ritrovarsi di fronte ad altre feroci esecuzioni come quella di Foley, e questo può accelerare la ricerca di nuovi approcci. Kerry lo conferma indirettamente
quando dice che «gli Stati Uniti si rivolgono a più di 25 governi diversi per ottenere un aiuto urgente, attivare le leve di pressione e di influenza per la liberazione di altri ostaggi americani in Siria». Il tedesco liberato è un 27enne che si trovava in Siria dal giugno 2013 per portarvi aiuto
umanitario. Il ministero degli Esteri di Berlino ha smentito che sia stato pagato un riscatto. Secondo Angela Merkel «in Iraq è in corso un genocidio da parte delle milizie di Isis, che attaccano con il terrore tutti quelli che non la pensano come loro».

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