Ricognizioni sul confine mobile del postumano
Che cos’è il postumano? Quali sono le categorie che ci permettono di coglierne l’efficacia? E soprattutto in che modo ancora si generano fraintendimenti sull’opposizione al concetto di umanità? È il paradigma antropocentrico con tutto il suo carico ideologico a essere messo in discussione. In questi anni molto è stato scritto e detto sul tema. A tal proposito certo non può sfuggire il nome di Rosi Braidotti, le sue genealogie critiche che partono da una collocazione femminista e teorico-politica precisa, sono le stesse cartografie nomadiche dello spazio contemporaneo. Il suo Postumano (recensito sulle pagine di questo giornale il 18 febbraio 2014) ci è utile allora per osservarne le mappe, perlustrarle, e restituirle alla complessità del presente. Per il resto, anche un recente fascicolo della rivista aut aut (n° 361/2014), curato da Giovanni Leghissa e che ospita numerosi saggi, si dedica alla «condizione postumana». Ciò per dire che, seppure con i dovuti distinguo alle relative impostazioni, il tema del postumano gode oggi di una grande attenzione.
Occorre «partire da un ripensamento generale dell’ontologia come non più incentrata su una visione essenzialistica dell’individualità ma come dialogica-relazionale». È ciò che riferisce Eleonora Adorni nella sua bella introduzione ad un brillante volumetto scritto da Leonardo Caffo e Roberto Marchesini, Così parlò il postumano (Novalogos-Ortica editrice, pp. 142, euro 15). Si tratta di uno scambio epistolare avvenuto tra i due filosofi nell’ottobre 2013 in tema di animalità e posthuman. Le istanze sollevate sono tuttavia molteplici, al pari delle rispettive formazioni degli autori.
Il postumano è un panorama composito che per Marchesini, filosofo, etologo e direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e della Scuola di interazione Uomo-Animale, rappresenta «il cantiere filosofico del XXI secolo». Rivisto il paradigma umanistico, occorre a esplicitare appunto una proposta postumanistica – non antiumanistica. Per questo verso, è la stessa ontologia dialogica-relazionale a prevedere una nuova idea di alterità. Dunque non «altro-da-me» ma «altro-con-me». I viventi non-umani non costituiscono più elementi di cui servirsi (leggasi sfruttare, torturare, uccidere) né il riflesso delle nostre più oscure angosce. Secondo Caffo, membro del Laboratorio di Ontologia e Associate Fellows dell’Oxford Centre for Animal Ethics, «ai lati opposti della base triangolare che è la questione animale, collegati da una corda costantemente tesa, giacciono la filosofia dell’animalità e il postumano. Le due domande “cosa significa essere un animale?” e “quale umanità è possibile concepire, attraverso l’animalità?”, sono intrinsecamente connesse». Per Caffo e Marchesini anche la visione dell’antispecismo ha delle differenze; se infatti il primo opta per una posizione di antispecismo chiamato «debole» in cui cerca di capire come poter cominciare a liberare gli animali dalla morsa esiziale in cui sono stati rinchiusi, il secondo propone un antispecismo postumanista in cui si possa lavorare allo scardinamento della centralità dell’uomo – prima causa di ogni specismo. La discussione non è tuttavia sulla questione animale quanto su quella umana partendo da una riconsiderazione del paradigma umanistico che faccia arrivare a una nuova cultura della techne.
Il confronto è l’occasione per dare conto di alcuni punti: intanto si porta avanti il discorso di un possibile quadro di ibridazione tra i viventi – laddove per ibridazione non si intendono le comunanze filogenetiche ma la possibilità di nuove dimensioni esistenziali. Tali spazi sono dunque incarnati e si fanno narrazioni essi stessi di corpi sottratti alla distopia? Anche se già contaminato, per Caffo e Marchesini ogni vivente si distingue; resta diverso da ogni altro e pure da se stesso. La riflessione è anche sulla scrittura e sul compito effettivo o presunto della filosofia. Solo così le differenze si fanno largo; al pari delle idee, anch’esse sono intersezioni. Caffo e Marchesini ne mostrano il segno lungo lo stesso incedere della conversazione. Dalla letteratura all’arte e il cinema, potranno apparire Orwell, Cattelan, Buñuel ma anche Derrida e Agamben.
Nello spazio postumano si viene a mostrare dunque un’altra umanità: «Riconoscere l’altro evitando la marcatura e le cesoie, questo è il gravoso compito che ci si deve porre se vogliamo uscire dal mondo cartesiano, che si presenta sempre anche se con abiti differenti».
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