Renzi e Napolitano. L’esame dei presidenti
Solo le ferie in Alto Adige di Napolitano hanno rallentato il ritmo settimanale degli incontri tra il presidente della Repubblica e quello del Consiglio. Ieri pomeriggio dunque Matteo Renzi ha raggiunto Giorgio Napolitano nella tenuta presidenziale di Castelporziano per fare il punto di una situazione sempre più pesante. Le stime negative di Moody’s, i dati dell’Istat sulla recessione, la deflazione nei prezzi al consumo e non manca la cattiva notizia di giornata: Bankitalia certifica un nuovo record nel debito pubblico. Con questo bollettino delle emergenze, naturale che gli argomenti estranei all’agenda economica siano scivolati in secondo piano, se non per registrare la soddisfazione di Napolitano per il primo passaggio della riforma costituzionale e insieme la raccomandazione perché la nuova legge elettorale — con le modifiche nelle soglie che il Quirinale sponsorizza — proceda ancor più velocemente.
Nel corso di un incontro molto lungo, che non si era ancora concluso nel momento di andare in stampa, Napolitano si è fatto aggiornare sullo stato dei lavori: la legge di stabilità 2015 è di certo il provvedimento più impegnativo per un premier che ancora esclude «manovre correttive», ma è comunque alla ricerca di 20 o 25 miliardi. Il presidente della Repubblica ha già detto di condividere gli sforzi italiani per ottenere un allentamento del rigore europeo, ma non ha mai smesso di raccomandare altrimenti il più rigido rispetto del vincolo del 3% nel rapporto deficit/Pil. Ma intanto ieri mattina a Milano — dove ha visitato il cantiere dell’Expo — Renzi ha dovuto confermare di essere stato ricevuto martedì da Mario Draghi senza che ne fosse stata data notizia. L’incontro di Città della Pieve è stato scoperto dal Corriere dell’Umbria che ha notato l’elicottero della presidenza del Consiglio. «Ho visto Draghi, ma ci vediamo spesso, era tutto già a posto da prima», ha detto Renzi, glissando sulle particolari modalità dell’incontro. Che invece non sono sfuggite al berlusconiano Brunetta, secondo il quale «c’è da essere preoccupati» perché «incontri del genere, con queste modalità quasi segrete, sono incoerenti con lo statuto della Bce che tutela, persino in modo ossessivo, l’assoluta indipendenza della banca dai governi nazionali dei paesi membri».
Ma più che a insidiare l’indipendenza della Banca centrale europea, il presidente del Consiglio italiano sembra essere andato piuttosto a verificare i margini che ancora restano all’Italia per evitare il commissariamento della cosiddetta troika (Commissione Ue-Bce– Fondo monetario). Il presidente della Bce all’inizio di agosto ha avvertito genericamente tutti — ma era chiaro il riferimento all’Italia — che più urgenti delle riforme istituzionali sono quelle economiche, e che i paesi che non sono in grado di farle dovrebbero lasciare spazio alla troika. «Quando ho detto che non ci faremo commissariare non stavo rispondendo a Draghi», ha spiegato ieri Renzi ai cronisti che lo seguivano, aggiungendo che «l’Italia non è un osservato speciale». Ma se al premier italiano non era piaciuta l’uscita del banchiere centrale e aveva spiegato di considerare le sue raccomandazioni ultimative ben oltre il mandato dell’autorità monetaria europea, recarsi in visita nella casa privata di Draghi durante le ferie non può dirsi una mossa di grande orgoglio. Piuttosto un indice della gravità della situazione, colto al volo da un Brunetta ansioso di far collaborare Forza Italia al governo dell’economia: «Noi siamo sempre dalla parte degli italiani e daremo il nostro appoggio per tutti quei provvedimenti che saranno per la salvezza del nostro paese». Se del resto l’Italia finisse sotto tutela della troika il corollario romano sarebbero le larghe intese. Nel frattempo il premier italiano torna oggi sul Financial Times per annunciare che, da Alitalia in avanti, il mercato italiano è aperto agli acquisti degli investitori italiani: «Preferisco capitali stranieri rispetto ai soliti italiani».
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