by redazione | 22 Agosto 2014 17:27
Pubblica amministrazione. Il segretario generale Camusso contro la riforma della pubblica amministrazione: «Non è lo staff della politica». Sulle pensioni Poletti smentito anche da Delrio e Baretta. Il premier: «Un intervento non è all’ordine del giorno e non pensiamo ad una manovra correttiva»
Sarà l’autunno caldo del pubblico impiego? «Non è nelle nostre intenzioni ma, sì, potrebbe essere». La reazione «fortissima» agli annunci sgangherati del governo Renzi sui tagli alle pensioni «d’oro e d’argento» promessa dalla Cgil e dagli altri sindacati confederali è stata, al momento, derubricata ad un condizionale dalla segretaria generale di Corso Italia Susanna Camusso. L’opposizione del sindacato in realtà riguarda la riforma Madia della pubblica amministrazione che prosegue «nella stessa filosofia e negli stessi errori» del passato.
«È come se si considerasse la pubblica amministrazione lo staff della politica, anzichè garantirle la terzietà. La politica non distingue fra funzione di Stato e funzione di governo– ha detto Camusso in un’intervista all’Espresso — il decreto legge del governo ha finito per salvare e preservare tutti quelli in grado di esercitare una lobby. Così si finisce solo per penalizzare i lavoratori. L’effetto è paradossale: ci troviamo a licenziare precari nei settori strategici: centri per l’impiego e tribunali, le priorità — a parole — del governo».
In un quadro già critico, peggiorato dal taglio del 50% ai permessi sindacali, gli annunci del governo non smentiti a sufficienza dal premier Renzi non aiutano a distendere l’atmosfera. «Basta fare cassa sui dipendenti pubblici, aspettiamo un chiarimento ufficiale da parte del governo — ha ribadito il segretario confederale Cgil Gianna Fracassi – Non si possono chiedere ulteriori sacrifici ai 3,3 milioni di statali già in sofferenza, le cui retribuzioni sono ferme al 2010, vittime inoltre di una continua operazione di screditamento della loro professionalità». Raffaele Bonanni. segretario generale Cisl. denuncia da giorni il rischio di «scatenare l’invidia sociale»: «Lo Stato faccia la sua parte. Prima di tagliare le pensioni cominci a mettere mano alle municipalizzate, alle regioni, agli sprechi e alla corruzione». Nel dubbio il governo è stato crocefisso all’immagine di attentatore alle certezze del ceto medio impoverito. Un’immagine che non deve essere piaciuta al premier.
Al termine della settimana più pazza dell’estate, inaugurata da un’intervista dove il ministro del lavoro Giuliano Poletti aveva aperto al «contributo di solidarietà» sulle pensioni senza specificare quali, sono stati numerosi gli esponenti dell’esecutivo ad averlo smentito. L’ultimo in ordine di tempo è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio che ieri su Il Mattino ha escluso anche un nuovo blocco biennale sugli stipendi degli statali. Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta in un intervento a Radio Anch’io ha smentito una sua precedente affermazione rilasciata ad un altro quotidiano: «Non c’è nessuna ipotesi di lavoro nel governo e al ministero dell’Economia per intervenire sulle pensioni». Il prelievo di un contributo sulle pensioni oltre i 2 mila euro «è solo un’ipotesi personale».
Così come dovrebbe essere «personale» l’opinione espressa da un altro sottosegretario del Mef come Enrico Zanetti di Scelta Civica che invece ha auspicato un intervento sulle pensioni da girare a giovani e disoccupati. A riprova che al Mef si discute molto in questi giorni, c’è anche da ricordare l’opinione del vice-ministro Morando. Anche lui ha escluso ogni intervento e ha invitato a pensare alle «riforme strutturali».
Il presidente della commissione Lavoro alla Camera, il Pd Cesare Damiano ha richiesto al governo di «chiarire» sia sul blocco degli stipendi che sulle pensioni: «Se si tratta soltanto di invenzioni di mezza estate ci vuole poco per chiarire — ha detto — Altrimenti si dà l’impressione di voler colpire i soliti noti lasciando inalterate le situazioni di privilegio». Contro la strategia della confusione di cui è rimasto vittima lo stesso esecutivo è tornato scagliarsi il «Mattinale» di Forza Italia che ieri ha coniato un neologismo. Al governo ci sarebbero «soglisti irresponsabili. Chi alimenta dubbi e parla di soglie nega i diritti acquisiti e causa contraccolpi gravissimi sui consumi e sugli investimenti».
«Chi oggi parla di manovre, di pensioni… beh, insomma, parla di cose che non sono all’ordine del giorno» ha detto Renzi in serata. E, poi, sferzante sull’autunno caldo minacciato dalla Cgil: «Facciano loro, già l’estate non è stata granché». Basterà l’ultima smentita per placare gli animi?
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