Prezzi giù, Italia in deflazione come nel ‘59

by redazione | 30 Agosto 2014 7:53

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ROMA — Per la prima volta dopo quasi cinquant’anni, raffreddati dalla crisi dell’economia, i prezzi al consumo in Italia diminuiscono. Ad agosto si è registrata una flessione dello 0,1% rispetto ad un anno prima: era dal 1959 che l’Italia non si trovava in “deflazione”, ma quel che è peggio è che arriva insieme ad un nuovo aumento della disoccupazione, salita a luglio al 12,6% annuo, mentre la ripresa sembra allontanarsi ancor di più. Per il terzo trimestre dell’anno, l’Istat prevede una «sostanziale stagnazione dell’economia», con una crescita del prodotto interno lordo pari a zero, mentre secondo l’istituto di ricerche Nomisma si rischia addirittura il terzo anno di recessione.
In un contesto simile il calo dei prezzi è tutt’altro che una buona notizia. Già di per sé la deflazione fa “male” all’economia, perché può raffreddare ulteriormente i consumi, che restano in attesa di nuovi cali dei prezzi, e al bilancio pubblico, perché ha un impatto negativo sul prodotto interno lordo e rende più costoso il debito, facendo anche peggiorare il rapporto tra i due. Ma soprattutto rischia di innescare una spirale molto pericolosa, se il calo dei prezzi dovesse tradursi in un nuovo calo delle attività delle imprese, ed in minor occupazione, che innescherebbero a loro volta minori consumi, eccedenze di produzione e altri ribassi dei prezzi.
Il rischio che scatti la famosa «trappola della liquidità», studiata da John Maynard Keynes, una condizione in cui la politica monetaria con i suoi strumenti ordinari non riesce più a incidere sulla domanda, in questo caso stimolandola, non riguarda solo l’Italia. Anche la Spagna è in deflazione e l’indice dei prezzi nell’eurozona continua a scendere (a luglio 0,3% contro lo 0,4% di un mese prima), ma a quanto pare in Europa non sarà facile elaborare una risposta comune. Se Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, è pronto a usare armi non convenzionali, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, continua a sostenere, come ha fatto anche ieri, che «la Bce non ha più munizioni per lottare contro la deflazione. Sono finite, visto che di liquidità sul mercato ce n’è già troppa».
Gli industriali in Italia sono ovviamente molto preoccupati. Il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, considera «drammatica» la condizione dell’economia, e sollecita «una scossa» all’esecutivo. «Chi ci governa prenda le decisioni che ci portino verso la crescita. Servono riforme, serve un lavoro gigantesco per recuperare il grande ritardo, e far crescere le imprese, perché altrimenti non si creerà lavoro» ha detto Squinzi, garantendo che gli industriali sono pronti a fare la loro parte, anche «sacrifici, ma in una prospettiva». «Un Paese che ha oltre il 40% di disoccupazione giovanile — ha concluso il presidente degli industriali — non ha futuro».
I dati Istat di ieri indicano un nuovo aumento della disoccupazione, dopo l’illusoria timida risalita di giugno. A luglio il tasso dei senza lavoro era pari al 12,6%, lo 0,3% in più rispetto al mese precedente e lo 0,5% in più rispetto a un anno prima, con un aumento dello 0,9% nella componente maschile e di addirittura il 9,3% tra le donne. Con un divario territoriale che, per giunta si amplia, tra l’8,4% del Nord ed il 20,3% medio delle regioni del Sud.
Quanto ai prezzi, le avvisaglie di un raffreddamento vistoso emerse dalle grandi città pochi giorni fa, sono confermate a livello nazionale. Nonostante un leggero incremento rispetto a luglio (+0,2%), l’indice è passato in negativo. A spingerlo in zona “rossa” sono stati i prezzi dei prodotti energetici (con i prezzi della benzina che scendono nonostante aumentino le tensioni nelle zone di produzione), ma anche i prodotti alimentari ora segnano un calo dei prezzi dello 0,5% annuo. Unica parziale consolazione una piccola ripresina dei consumi: secondo l’Istat, nel secondo trimestre la spesa delle famiglie è cresciuta dello 0,2%. Non succedeva dal 2011.
Mario Sensini

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