Pil, una vecchia bussola solo ritoccata

by redazione | 24 Agosto 2014 17:13

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Il dibat­tito sul nuovo Pil è par­tito a vele spie­gate tra nuova serie sto­rica rico­struita fino al 2013, dati del 2014 fino al tanto atteso terzo tri­me­stre ed aggior­na­mento del Docu­mento di Eco­no­mia e Finanza. Ci sarà mate­ria prima per i media e per i talk show. Suspense e bat­tute sulla pro­sti­tu­zione e sulla droga che fanno Pil sono assi­cu­rate. Ma poco potrà acca­dere in con­creto. Molto pro­ba­bil­mente il livello del Pil si alzerà di una tren­tina di miliardi.

Il rap­porto deficit/Pil si abbas­serà di uno o due punti deci­mali, quello debito/Pil di circa due punti. Varia­zioni minime, ma con i tempi che cor­rono meglio di niente e qual­che pic­co­lis­simo mar­gine di mano­vra in più per alleg­ge­rire la mano­vra d’autunno.

Natu­ral­mente si tratta di un’operazione pura­mente con­ta­bile e nulla cam­bierà nella sostanza e nei pro­blemi che assil­lano disoc­cu­pati, pen­sio­nati, occu­pati. Una cosa, però, acca­drà cer­ta­mente: il nuovo Pil sarà, come ha ricor­dato Enrico Gio­van­nini, un indi­ca­tore ancora più lon­tano di prima come misura del benes­sere delle persone.

Sarebbe stato meglio cor­reg­gerlo detraendo i costi ambien­tali che la sua pro­du­zione com­porta oppure incor­po­rarvi il lavoro dome­stico — che oggi non fa Pil — per ren­dere meglio com­pa­ra­bili i dati di paesi con strut­ture sociali diverse, ma saremmo andati oltre il con­cetto di Pil san­ti­fi­cato dal mer­cato. Quindi non ci resta che atten­dere ed acco­gliere le inte­gra­zioni che saranno appor­tate, per­chè nella logica di un Pil che misura ciò che passa per il mer­cato esse sono indub­bia­mente sensate.

Insen­sato, invece, sarebbe con­ti­nuare ad ado­rare que­sto fetic­cio soprat­tutto adesso che, col nuovo maquil­lage, esso sarà più brutto di prima ed anche più ingan­ne­vole: potremo mai essere con­tenti se il Pil cre­scerà per­ché spen­de­remo più per arma­menti e con­su­me­remo più droga?

Ecco allora un’occasione da cogliere: smet­tia­mola di appas­sio­narci al deci­male in più o in meno di Pil, pren­diamo atto che tanto, con le rughe o dopato, il Pil nelle società avan­zate non potrà più cre­scere con i tassi del pas­sato, cer­chiamo, quindi, di andare “oltre il Pil” ridi­men­sio­nan­done la fun­zione di bus­sola che orienta le scelte eco­no­mi­che e poli­ti­che e dotia­moci di altri strumenti.

I tempi sono maturi. L’Istat ha da poco pro­dotto il secondo rap­porto sul Benes­sere Equo e Soste­ni­bile (Bes) dal quale sono emerse cose molto inte­res­santi. Ad esem­pio nella lunga sta­gna­zione che carat­te­rizza la nostra eco­no­mia è acca­duto non solo che, come è arci­noto, i ric­chi sono diven­tati più ric­chi ed i poveri più poveri, ma che, nel campo della salute, col pro­trarsi della crisi sono aumen­tate le malat­tie del sistema ner­voso, è peg­gio­rato lo stato psi­co­lo­gico, si sono dete­rio­rate abi­tu­dini impor­tanti come il con­sumo di frutta e ver­dura che dimi­nui­sce e la seden­ta­rietà e l’eccesso di peso che aumen­tano e, nel campo sociale si è ridotta la par­te­ci­pa­zione ad atti­vità cul­tu­rali, la par­te­ci­pa­zione sociale e sono peg­gio­rate le rela­zioni sociali.

Allora non sarebbe il caso di con­cen­trare l’attenzione su que­sti ed altri impor­tanti aspetti della vita delle per­sone, sulle scan­da­lose disu­gua­glianze, ter­ri­to­riali, di gene­ra­zione e di genere, che si riscon­trano nei livelli di istru­zione, sull’uscita pre­coce dal sistema sco­la­stico, sui livelli di com­pe­tenza alfa­be­tica, nume­rica, infor­ma­tica per non par­lare, per carità di patria, del lavoro? Oggi è vera­mente pos­si­bile assu­mere, magari accanto al nuovo Pil, i nuovi indi­ca­tori di benes­sere come bus­sola per le poli­ti­che nazio­nali e ter­ri­to­riali, defi­nire pre­cisi obiet­tivi di ridu­zione delle tante disu­gua­glianze, uti­liz­zare in modo mirato e con­trol­la­bile i finan­zia­menti anche euro­pei per que­sti fini, spin­gere la poli­tica ed i poli­tici a par­lare di pro­blemi spe­ci­fici e con­creti, ad assu­mere impe­gni quan­ti­ta­tivi, a misu­rarsi con essi. E que­sta potrebbe essere anche una svolta nel rap­porto tra poli­tica e cittadini.

Certo resta un pro­blema: il Pil è uno, con un solo numero esprime una forte potenza media­tica e tutti ne par­lano come si parla di cal­cio, anche per­ché le sue varia­zioni di deci­mali sono sem­pre più simili ai pochi gol delle par­tite gio­cate col cate­nac­cio. Quindi, non si riu­scirà mai a ridi­men­sio­narlo con 134 indi­ca­tori rag­grup­pati in 12 domini di benes­sere come fa il Bes.
Ma aggre­gare que­sti indi­ca­tori ele­men­tari in due o tre macroin­di­ca­tori o addi­rit­tura in uno — il Benes­sere Equo e Soste­ni­bile – non è impos­si­bile e ci si sta lavorando.

Abbiamo un’opportunità: dotarci di un indi­ca­tore quan­ti­ta­tivo e di mer­cato che con­senta con­fronti inter­na­zio­nali cor­retti, ma nello stesso tempo poter disporre di un indi­ca­tore della qua­lità della vita delle per­sone. Non sprechiamola.

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