Petrolio, riscatti, racket Così il «Califfato» riempie i suoi forzieri
WASHINGTON — Abu Bakr al Baghdadi, il leader dell’Isis, non solo è una stratega raffinato ma sa far bene i suoi conti. Il movimento estremista siro-iracheno è bene armato e con le casse piene di denaro. Che usa con sapienza, fa fruttare e investe in molte attività. Se la fazione ha certamente ricevuto finanziamenti dai Paesi del Golfo, ha poi messo in piedi una struttura autonoma. Il Califfo vuole evitare che i donatori pongano dei limiti, cosa che starebbe avvenendo in questi giorni.
Stime, non scientifiche, redatte da Stati Uniti e iracheni sostengono che il budget dell’Isis è di circa 2 miliardi di dollari, tra cash e «proprietà». Magari anche qualcosa meno. Un tesoretto ben gestito e diversificato, in modo da non correre rischi.
Supporto esterno
Per gli americani l’Isis ha goduto di una «catena d’oro» di solidarietà creata nel Golfo Persico. Associazioni, privati, figure vicine ai governi ma non legate direttamente hanno pompato petrodollari. Grandi sospetti su figure residenti in Qatar, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati. Un rapporto molto forte all’inizio e poi ridottosi man mano che gli uomini del Califfato hanno allargato la loro base. L’appoggio esterno è valutato nel 5 per cento. Un punto sul quale, però, si litiga e si discute. C’è chi crede che lo sforzo degli sceicchi sia maggiore. Un ministro tedesco ha indicato apertamente il Qatar come grande pagatore, la Merkel lo ha corretto senza però riuscire a cancellare i sospetti. E come potrebbe.
Il petrolio
L’Isis si è impossessato di impianti petroliferi e vende il greggio sotto costo. La produzione è di 8 mila barili al giorno che rendono bene. La cifra oscilla tra 1 e 2 milioni di dollari. I mujaheddin non hanno problemi a fare affari, grazie agli intermediari cedono il greggio anche al nemico, il regime di Assad. Per il trasporto si affidano a colonne di autocisterne, create anche pipeline rudimentali. Una vecchia mappa del gruppo, pubblicata prima della cavalcata trionfale, mostrava chiaramente il piano di al Baghdadi: l’area sotto controllo doveva includere il maggior numero di pozzi possibile.
Racket
Nelle zone sunnite i militanti hanno imposto tasse rivoluzionarie, estorto denaro ai commercianti, lucrato su attività illegali. Agli albori — periodo 2005-2006 —- si erano dedicati al traffico di auto rubate, oggi viaggiano su livelli più alti. Secondo fonti irachene i jihadisti raccoglievano quasi 1 milione di dollari al mese, negli ultimi mesi questa cifra sarebbe diventata molto più alta. Redditizio il pedaggio imposto ai camion pieni di merci che attraversano la regione: 200 dollari a veicolo.
Crimine
Quando l’Isis ha conquistato Mosul si è impadronito di molte banche e dei loro forzieri. Bagdad ha denunciato la perdita di oltre 420 milioni di dollari in contanti. Vagonate di soldi utili ad altre imprese. Sembra anche che gli islamisti si siano dedicati al contrabbando di vecchi manoscritti, reperti archeologici e tutto quanto abbia un valore sul mercato dell’arte. Poi i sequestri di persona. Con i riscatti degli ostaggi «stranieri» ha incassato 25 milioni di dollari, ai quali si somma il prezzo per prigionieri siriani o iracheni.
Raccolto
Nell’ultima avanzata nella regione di Ninive, i combattenti hanno catturato enormi depositi di grano. Secondo le autorità circa il 30 per cento della produzione nazionale «è andata». Con questi prodotti l’Isis può sfamare bocche, distribuire pane a chi non ne ha, venderlo a chi può pagare. La gestione dei forni gli ha portato consensi in Siria dove gli islamisti si sono dimostrati più «giusti» e meno ladri di altri gruppi. Non è poco.
La contabilità
Documenti sequestrati dagli americani e risalenti a un periodo antecedente al 2010 hanno rivelato l’amministrazione dell’Isis. Al Baghdadi ha imposto un controllo pignolo, tutto deve essere registrato. Entrate, uscite, spese di guerra. Ogni gruppo locale è tenuto a versare alla casa madre il 20% del denaro raccolto con le estorsioni o altre attività. Pochi sgarrano, anche perché è nota la pena per chi ruba. Il taglio della mano o anche la fucilazione.
Stipendi
Sempre le carte scovate dalle forze Usa rivelano che fino al 2010 la paga del militante era piuttosto bassa: non più di 40-50 dollari al mese. Nell’ultimo anno sarebbe cresciuta in modo netto. Dati inverificabili dicono che il mujahed locale riceve 400 dollari al mese, più i contributi se ha moglie e figli. Un volontario straniero avrebbe il doppio.
Questi numeri, per certi aspetti sorprendenti, vanno letti con prudenza. Sono delle indicazioni. Possibile anche che vi siano delle esagerazioni, la propaganda «negativa» è parte di ogni conflitto. Tuttavia confermano il profilo dell’Isis. Brutale, spietato, capace però di una grande pianificazione. Se è arrivato alle porte di Bagdad non è solo per gli errori dei suoi avversari .
Guido Olimpio
Related Articles
Portogallo. I comunisti assieme ai cattolici bocciano la legge sull’eutanasia
110 sì, 115 contro. Il parlamento boccia la proposta di depenalizzazione della somministrazione della morte assistita
La Germania preme sugli altri Paesi « Schengen è a rischio sospensione»
Minaccia di controlli alle frontiere per due anni in mancanza di soluzioni per i rifugiati
Al via oggi a Gaza le iniziative per ricordare Vittorio Arrigoni
Ha inizio oggi il programma preparato dai palestinesi a Gaza per ricordare Vittorio Arrigoni, l’attivista e collaboratore del nostro giornale assassinato il 15 aprile dello scorso anno.