Partiti 287 camion con i soccorsi russi Kiev detta le condizioni

Partiti 287 camion con i soccorsi russi Kiev detta le condizioni

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MOSCA — Un convoglio lungo tre chilometri formato da 287 camion e altri veicoli militari riverniciati in tutta fretta di bianco è al centro dell’ultima disputa tra Russia e Ucraina. Con i Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, che guardano con grande sospetto a questa iniziativa umanitaria del Cremlino che è stata subito bollata come «unilaterale». I camion sono partiti ieri mattina dalla base di Alabino, nei pressi di Mosca. E ad Alabino è stanziata la divisione motorizzata Tamanskaya, una delle più rinomate e fedeli dell’Armata Rossa, quella che doveva essere usata nel 1991 per schiacciare l’opposizione al colpo di Stato dei conservatori.
La cosa, dunque, piace assai poco agli ucraini che non vogliono fare entrare nel loro territorio gli uomini con uniformi color kaki senza insegne che dovrebbero ufficialmente appartenere al ministero delle Situazioni d’emergenza (la nostra Protezione civile), ma che si pensa invece siano soldati.
Ufficialmente sappiamo solo che il convoglio (a bordo avrebbe duemila tonnellate di cereali, zucchero, sacchi a pelo, medicinali) è diretto verso un valico di frontiera controllato dalle forze regolari di Kiev tra la regione russa di Belgorod e quella ucraina di Kharkiv. Su tutto il resto le dichiarazioni del Cremlino e quelle della presidenza ucraina sono divergenti. Il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov assicura che tutto è stato concordato, dall’itinerario «al fatto che ai camion verrà messa la targa ucraina una volta varcata la frontiera». Per il ministro, «a bordo ci saranno rappresentanti della Croce Rossa, dell’Osce e delle autorità ucraine». Il portavoce di Vladimir Putin ha aggiunto che una volta entrata in territorio ucraino, la missione sarà «sotto l’egida della Croce Rossa». Camion russi, dunque, personale russo e aiuti russi. Ma sotto il controllo della Icrc.
A Kiev questo non sta bene, tanto che il portavoce del presidente Petro Poroshenko ha insistito, anche in alcuni colloqui nella notte con gli Usa, sul fatto che tutti gli aiuti dovranno essere scaricati alla frontiera e presi in consegna dalla Icrc che poi provvederà autonomamente alla distribuzione nella città di Luhansk, completamente accerchiata dalle forze regolari.
Il sospetto è che Mosca voglia creare una situazione di fatto che porti alla scissione dell’Ucraina orientale. Dopo aver quindi scartato l’ipotesi di un intervento diretto a sostegno dei separatisti che sono quasi in rotta, il Cremlino avrebbe adottato una nuova strategia. Per questo, secondo Kiev, la Russia esagera sulla crisi umanitaria a Luhansk e Donetsk, che è grave ma non «catastrofica» come dice Putin. C’è chi ipotizza che questo invio sia solo il primo passo per mettere piede nel Paese vicino. «Dopo gli aiuti arriveranno gli osservatori internazionali che vedranno la situazione reale; poi si creeranno corridoi umanitari che saranno la premessa per schierare truppe di pace; e dopo seguirà la spartizione dell’Ucraina», sostiene il politologo russo Oleg Kudinov.
È quello che teme Poroshenko il quale insiste sull’offensiva militare per chiudere la faccenda prima che questo eventuale scenario venga attuato. Ieri il presidente ucraino ha parlato al telefono con Matteo Renzi che gli ha ribadito il sostegno italiano all’integrità territoriale del Paese ma ha anche chiesto un immediato cessate il fuoco. Per Kiev, però, questo farebbe il gioco della Russia. Così l’avanzata continua e ieri sarebbero stati ripresi quattro importanti centri nella regione di Luhansk, anche se l’esercito ha registrato sei morti. Nelle città dove gli indipendentisti hanno deciso di resistere, si aspettano gli eventi, con centinaia di migliaia di civili che temono il peggio.
Fabrizio Dragosei



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