Londra fa decollare i Tornado L’Ue incerta sugli aiuti militari
BRUXELLES — L’Europa si sta muovendo. Nell’attesa di un vertice straordinario dei capi delle diplomazie Ue che al momento non è previsto (è stata però già chiesta ai 28 ministri disponibilità di date), come sollecitato dal ministro degli Esteri dell’Italia, Federica Mogherini, e dal collega francese Laurent Fabius, ieri la Commissione ha annunciato di avere aumentato gli aiuti per l’Iraq di 5 milioni di euro, che così salgono a 17 milioni nel 2014, per fare fronte alla grave crisi umanitaria che sta colpendo centinaia di migliaia di iracheni in fuga nel Nord del Paese, compresa la minoranza degli yazidi intrappolati sul Monte Sinjar. Ma come ha spiegato la commissaria Ue alla Cooperazione internazionale, Kristalina Georgieva, il problema ora è l’accesso alle popolazioni colpite e non il finanziamento degli aiuti.
Mogherini e Fabius hanno chiesto di convocare al più presto un vertice per trovare una linea d’azione comune per affrontare la crisi irachena. A partire dalla necessità di fornire armi ai peshmerga curdi che stanno affrontando l’avanzata dei jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Isis). Su questo punto Georgieva ha detto che «gli Stati membri ne stanno parlando. Ma la responsabilità della decisione, così come l’attuazione, spetta agli Stati. Non si tratta di una questione di cui si occupa la Commissione». E in serata è arrivata la conferma che il tema è stato affrontato durante la riunione straordinaria degli ambasciatori del Comitato politico e di sicurezza (Cops) dell’Ue, convocato ieri a Bruxelles d’urgenza, per affrontare le emergenze internazionali. Il Cops, spiega un portavoce di Catherine Ashton, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, sottolinea la «necessità di considerare la richiesta» di un supporto militare da parte delle autorità regionali curde ad alcuni Stati membri «in stretto coordinamento con le autorità irachene come richiesto dal Codice di condotta Ue per l’esportazione delle armi» e «in coordinamento con i partner internazionali». L’ipotesi di fornire armi ai peshmerga è appoggiata anche dalla Gran Bretagna e dalla Repubblica Ceca. Londra ha già messo a disposizione i propri arerei per paracadutare aiuti sulla zona del Monte Sinjar, e da ieri anche un «numero limitato» di elicotteri Chinook (mentre i Tornado sono già partiti per effettuare operazioni di ricognizione). Il primo lancio è stato effettuato nella notte di sabato ma la missione da umanitaria potrebbe trasformarsi in militare. Sono forti le pressioni sul primo ministro britannico David Cameron da parte di alcuni componenti del suo stesso partito che gli chiedono di richiamare il Parlamento dalla pausa estiva per prendere in considerazione azioni contro l’Isis. La Germania, invece, ha fatto sapere che la consegna di armi a Bagdad per combattere lo Stato Islamico, da parte del governo tedesco, non è per ora sul tavolo, ma neppure viene più categoricamente esclusa a Berlino. Invierà per ora attrezzature militari e veicoli blindati al governo iracheno, non armi, secondo quanto ha detto il ministro della Difesa, a margine di un incontro con il collega britannico nella capitale. Si tratta comunque di un’apertura, dal momento che finora la Germania si era detta pronta solo all’invio di aiuti umanitari. Che sia in corso un cambiamento di atteggiamento lo dimostrano anche le parole di Gregor Gysi. Il capo della Linke (La Sinistra), ha detto al quotidiano Die Zeit che la situazione dell’Iraq è tale da consentire a Berlino di fornire armi ai curdi. La Ue ieri ha anche stanziato nuovi aiuti per l’Ucraina: 2,5 milioni di euro per la popolazione delle aree in cui è in corso il conflitto con i separatisti filorussi.
Francesca Basso
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