by redazione | 26 Agosto 2014 9:07
MOSCA — L’ipotesi migliore per il governo ucraino è che l’improvvisa offensiva di blindati e carri armati verso la costa del Mare d’Azov e la città di Mariupol sia un tentativo di rafforzare le posizioni dei ribelli in vista dell’incontro di oggi tra Vladimir Putin e Petro Poroshenko. La peggiore è che invece l’offensiva punti a creare un corridoio lungo la costa per unire direttamente la Russia alla Crimea.
In ogni caso Kiev denuncia la ripetizione della strategia che a marzo portò all’annessione della penisola con l’assistenza di truppe russe mascherate da indipendentisti, come ha poi riconosciuto lo stesso Putin a cose fatte. Secondo un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, infatti, ieri mattina un gruppo di 10 carri armati, due blindati e due camion hanno varcato la frontiera più di cento chilometri a sud di Donetsk, una delle due roccaforti in mano agli indipendentisti, aprendo un nuovo fronte. I mezzi sono avanzati parallelamente al mare verso Novoazovsk, sulla strada che porta all’importante porto di Mariupol e poi alla Crimea, distante 350 chilometri sulla strada costiera.
Ci sono stati subito violenti combattimenti con le guardie di frontiera che, secondo Kiev, avrebbero bloccato la colonna distruggendo due tank. I ribelli negano che i mezzi siano russi o che siano arrivati da oltrefrontiera. Secondo loro, proverrebbero da Telmanove, un centro a sud di Donetsk, distante una quarantina di chilometri. Gli indipendentisti affermano di aver guadagnato terreno e di essere impegnati in un’operazione per accerchiare alcuni reparti regolari ucraini. Di certo sappiamo solo che scontri sono ancora in corso e che la cittadina di Novoazovsk viene bombardata, come hanno riferito alla Reuters civili asserragliati in casa.
Non ci sono conferme dirette sulla provenienza della colonna militare, ma la Nato ha ieri confermato di aver rilevato nelle ultime due settimane che forze russe hanno sparato colpi di artiglieria sia dal territorio della Federazione che dal suolo ucraino. Così per i governanti di Kiev si ripropone lo spettro dell’operazione Crimea, secondo loro organizzata nei minimi dettagli da Mosca e poi attuata con precisione ed efficienza. Prima vennero le affermazioni sulla «russità» del territorio in questione. La Crimea, in fin dei conti, era sempre stata parte della Russia, fino a quando Nikita Krusciov non la regalò alla sua Ucraina.
Non appena nella zona scoppiarono i primi disordini e milizie locali iniziarono a battersi per la secessione da Kiev, comparvero misteriosi «omini verdi» ben addestrati, con mezzi e armamenti, vestiti in uniformi senza insegne. Mosca smentì con veemenza qualsiasi rapporto con gli omini. Questi non parlavano ma si battevano con determinazione e in poco tempo ebbero la meglio sui disorganizzati governativi. A quel punto nella Crimea occupata militarmente si tenne un referendum che a larghissima maggioranza decretò la voglia della popolazione di tornare nella Grande madre Russia. Il giorno successivo al referendum, il 17 marzo, la Crimea venne annessa. Un mese dopo, in tv Putin ammise candidamente: «Alle spalle delle forze di autodifesa della Crimea, naturalmente, c’erano i nostri militari».
Sull’Est dell’Ucraina il presidente russo si è espresso chiaramente: «In epoca zarista questo territorio si chiamava Novorossiya e non faceva parte dell’Ucraina». Poi ha spiegato pazientemente: «Fu aggregato all’Ucraina negli anni Venti dal governo sovietico. E solo Iddio sa perché».
Da quando sono iniziati i combattimenti tra le forze regolari e gli indipendentisti, il Cremlino ha sempre negato di avere rapporti militari con i leader delle autoproclamate repubbliche indipendenti. E il convoglio di ieri? «Non ho sentito nulla, ma la disinformazione su nostre presunte incursioni non manca», ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, il quale ha poi annunciato che sta per partire una nuova colonna di aiuti.
Ora certamente Poroshenko è in maggiori difficoltà, vista l’apertura del nuovo fronte e una possibile manovra russa. Se prima sperava di chiudere militarmente la partita, è possibile che nei colloqui di oggi sia costretto ad ammorbidire la sua posizione sulla richiesta di cessate il fuoco, senza insistere sulle sue condizioni. Prima fra tutte il controllo della frontiera per bloccare eventuali aiuti dalla Russia. Così per Mosca la nuova offensiva militare sarebbe già un successo. Ieri Poroshenko ha sciolto il Parlamento e indetto nuove elezioni per il 26 ottobre.
Fabrizio Dragosei
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