Incursioni russe in Ucraina Kiev chiede aiuto alla Nato

Incursioni russe in Ucraina Kiev chiede aiuto alla Nato

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MOSCA — I sorrisi e le promesse dell’incontro di Minsk tra il presidente russo Vladimir Putin e quello ucraino Petro Poroshenko sono durati lo spazio di un mattino perché già ieri è apparso chiaro che i combattimenti sul terreno sono ora più aspri che mai, con i ribelli che avanzano a sud, lungo la costa del Mare d’Azov. Quegli stessi indipendentisti che fino a pochissimi giorni fa erano quasi accerchiati a Luhansk e Donetsk, sono improvvisamente diventati fortissimi e hanno lanciato violente controffensive. Cosa è successo? «Sono arrivati numerosi volontari ad aiutarci» ha dichiarato uno dei comandanti sul campo. Si parla di russi, di serbi e perfino di italiani e francesi, ma la notizia non ha trovato conferma. Certamente questi «volontari» hanno portato in dote una nutrita quantità di armamenti. E non fucili, ma carri armati, mezzi blindati, lanciarazzi Grad di fabbricazione russa.

Le nuove truppe sono arrivate vicino alla costa, in una zona dove prima non c’erano forze ribelli. E dalle loro posizioni bombardano pesantemente la città di Novoazovsk, della quale avrebbero già conquistato qualche sobborgo. Da lì la strada porta a Mariupol, dove le truppe regolari si stanno asserragliando con trincee anticarro. Se cadesse Mariupol, la via sarebbe libera fino alla Crimea e così si creerebbe un corridoio per unire la Russia a questa regione ucraina appena annessa alla Federazione.
Allo stesso tempo i ribelli premono anche in altre zone, dove prima erano in difficoltà. Una divisione ucraina è accerchiata a Ilovaysk e chiede urgentemente rinforzi. Anche il governo sembra ammettere le difficoltà e si rivolge alla Nato perché faccia qualche cosa di concreto.
Da Kiev a Bruxelles e a Washington sono infatti tutti convinti che la battaglia non è tra forze regolari governative e ribelli filorussi. Ci sono volontari, ma ci sono anche truppe regolari russe che combattono in territorio ucraino e che bombardano dal confine. Lo dice la Nato, lo afferma a gran voce il primo ministro polacco Donald Tusk: «sono informazioni inequivocabili, quelle che abbiamo ricevuto».
Mosca continua a negare un coinvolgimento diretto, ma gli indizi, i fatti inspiegabili in altro modo si susseguono. Dopo la cattura di dieci parà che hanno sconfinato (per errore, secondo Putin), si moltiplicano in Russia le denunce di parenti di soldati. Una delle rappresentanti dell’associazione delle madri ha detto che è stata compilata una lista con quattrocento nomi di morti e feriti in Ucraina. In tutta la Russia si celebrano funerali semiclandestini di soldati caduti in una guerra che non esiste. Al cimitero di Pskov, dove ha sede una divisione di paracadutisti, le tombe di due caduti sono state private delle lapidi con i nomi e i gradi, dopo che giornalisti avevano fatto troppe domande ed erano stati minacciati. Una madre della Bashkiria si è vista consegnare la salma del figlio Marsel Araptanov, morto «nei pressi» della frontiera ucraina, priva della testa. Molti soldati usati oltrefrontiera sarebbero delle repubbliche caucasiche. Secondo le madri, sarebbero stati promessi loro 250 mila rubli, più di 5 mila euro.
A Minsk Putin si è detto disposto a favorire trattative di pace (ieri l’ha chiamato nuovamente Angela Merkel) ma ha chiarito che Kiev deve parlare direttamente con i ribelli e quindi riconoscerli come forza politica autonoma. Questi ultimi, poi, affermano che oramai non sono disposti ad accettare nulla di meno della completa indipendenza: «La garanzia della nostra sicurezza è data dalle nostre armi». Di chiudere la frontiera attraverso la quale passerebbero proprio uomini e mezzi, la Russia non ne parla nemmeno.
Fabrizio Dragosei


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