I settarismi e le divisioni nel fronte musulmano

Loading

Sul Cor­riere della Sera del 18 ago­sto, Angelo Pane­bianco lan­cia l’allarme: l’estremismo isla­mico rischia di tro­vare «sim­pa­tie, con­ni­venze e alleanze» nelle società demo­cra­ti­che occi­den­tali come acca­duto nel XX secolo per i movi­menti poli­tici tota­li­tari. Lo sguardo ammo­ni­tore di Pane­bianco è rivolto in par­ti­co­lare a quella «incom­pri­mi­bile quota di alie­nati» dispo­sta a for­nire mano­va­lanza oppure coper­tura e appog­gio intel­let­tuale ai movi­menti tota­li­tari, a costi­tuirne «le quinte colonne».

Euro­pei alie­nati ed estre­mi­sti isla­mici — uniti dall’odio verso Israele e dalla con­danna dell’individualismo e del mate­ria­li­smo occi­den­tali — sareb­bero il nuovo, grande peri­colo del XXI secolo. Lo sguardo di Pane­bianco si dimo­stri miope, sfo­cato, così osses­si­va­mente cen­trato sulla difesa delle poli­ti­che dello Stato di Israele da con­fon­dere in un gran cal­de­rone Hamas, l’ Isis (lo Stato isla­mico in Siria e Iraq), tutti gli altri gruppi jiha­di­sti che ope­rano in Medio Oriente e nel mondo «altro» da noi. Se c’è di mezzo l’Islam, sem­bra pen­sare Pane­bianco, allora si tratta di un unico, grande movi­mento tota­li­ta­rio pronto a gua­da­gnare ter­reno, occu­pare ter­ri­to­rio, issare ban­diere nere o verdi, minac­ciando i nostri valori liberali.

Per­ché un simile discorso non fun­ziona? Per­ché dà per scon­tato il pre­sup­po­sto: un fronte unito. Ora, sup­po­nendo che anche Pane­bianco sap­pia ma non dica che l’estremismo isla­mico è del tutto mar­gi­nale nella grande ummah (comu­nità) isla­mica, vale la pena ricor­dare che l’islamismo radi­cale è tutt’altro che unito, i gruppi jiha­di­sti tutt’altro che coesi, il Calif­fato pro­cla­mato dall’Isis con­te­stato anche in quella cir­co­scritta area del mondo musul­mano che attra­versa Iraq e Siria. Per­fino per i cre­denti che si augu­rano l’instaurazione di un Calif­fato, quello gui­dato da Abu Bakr Al-Baghadi non ha alcuna legit­ti­mità, l’avanzata dei suoi com­bat­tenti non è nient’altro che un «land-grabbing», un furto di terre, come spiega Reza Pan­khurst in una recente inter­vi­sta. Sto­rico e poli­to­logo spe­cia­liz­zato nei movi­menti isla­mici, anni di car­cere sotto il regime di Muba­rak, un pri­gio­niero di coscienza per Amne­sty Inter­na­tio­nal, a lungo tenuto d’occhio dai ser­vizi segreti inglesi, Reza Pan­khurst è autore di «The Ine­vi­ta­ble Cali­phate?» (Hurst 2013), un libro che rico­strui­sce la sto­ria della bat­ta­glia per un’unione isla­mica glo­bale dal 1924 a oggi, come recita il sottotitolo.

Mem­bro dell’Hizb ut-Tahrir, un movi­mento isla­mi­sta trans­na­zio­nale fon­dato nel 1953 che mira, per l’appunto, alla restau­ra­zione del Calif­fato, Reza Pan­khurst dice chiaro e tondo che il Calif­fato di Abu Bakr Al-Baghdadi non ha legit­ti­mità per­ché fon­dato solo sull’uso della forza mili­tare, per­ché privo di con­senso, per­ché ali­menta il set­ta­ri­smo e le divi­sioni tra i musul­mani anzi­ché la fra­tel­lanza e l’unione. Che il gruppo di guer­ri­glieri di al-Baghdadi sia figlio di una «rot­tura» del fronte qae­di­sta è noto, così come è nota la spac­ca­tura crea­tasi con la lea­der­ship di Ayman Al-Zawahiri, il medico egi­ziano che sin dall’età di 15 anni sognava la crea­zione di quell’«avanguardia dei pio­nieri» descritto nei testi del peda­go­gi­sta Sayyd Qutb.

Meno note le posi­zioni degli altri gruppi la cui lotta si ispira all’Islam. Tra que­sti, quelli che rico­no­scono all’ Isis dei meriti sono pochi, tra cui Al Qaeda nella peni­sola ara­bica (Aqap), che con un comu­ni­cato del 14 ago­sto ha annun­ciato il pro­prio sostegno.

Più nume­rosi i gruppi che guar­dano con pre­oc­cu­pa­zione all’intransigente mili­ta­ri­smo di al-Baghdadi e alla sua auto-celebrazione come Califfo. I Tale­bani, per esem­pio. Abdur Raheem Saqib, già respon­sa­bile del quo­ti­diano uffi­ciale del movi­mento tale­bano (Sha­riyat) e mem­bro della Com­mis­sione cul­tu­rale, ieri ha pub­bli­cato un arti­colo in cui riper­corre la sto­ria del rap­porto tra il movi­mento dei «tur­banti neri» e al Qaeda. Dopo aver spie­gato la dif­fe­renza tra un movi­mento jiha­di­sta sala­fita dalle ambi­zioni glo­bali (al Qaeda) e un movi­mento che ammi­ni­strava un ter­ri­to­rio nazio­nale secondo i prin­cipi dell’Islam deo­bandi (i tale­bani), Abdur Raheem ha ricor­dato che, secondo la legge isla­mica, non ci pos­sono essere due califfi, due leader.

Quando ciò avviene, ha aggiunto, sono ine­vi­ta­bili divi­sioni inte­stine e spac­ca­ture. Per lui, l’unico amir-ul-momineen, l’unica guida dei fedeli è il mul­lah Omar. Al-Baghadi, invece, un impo­store. Ma tanti pic­coli set­ta­ri­smi non fanno un nuovo movi­mento totalitario.



Related Articles

Né congedi né aiuti ecco perché l’Italia non è un paese per mamme precarie

Loading

La denuncia di una madre lavoratrice rivela l’assenza di sostegni per le donne senza contratto

Sfratti a Milano, incendio ad arte

Loading

Diritto all’abitare. A fronte di un emergenza conclamata con centinaia di sfratti eseguiti in città, i diecimila alloggi sfitti sono una contraddizione troppo stridente per non denunciare precise responsabilità delle istituzioni a tutti livelli

Imporre la jihad ai palestinesi lo sfregio del Califfo al popolo martire

Loading

il dilagare della guerra dalla Siria alla Mesopotamia ha già prodotto più di quattro milioni di profughi, venuti a sommarsi ai palestinesi che dal 1948 vivono senza diritti di cittadinanza

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment