I cristiani cacciati dai loro villaggi Via alla missione umanitaria Usa

by redazione | 8 Agosto 2014 8:39

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Sembra inarrestabile l’avanzata delle milizie estremiste sunnite in Iraq. Da tre giorni hanno intensificato con successo l’offensiva contro l’enclave curda nel Nord del Paese e ieri sera erano segnalate a una quarantina di chilometri da Erbil. A farne le spese sono al momento soprattutto le minoranze che vivono nella regione. Circa 50.000 yazidi, una setta religiosa con oltre quattromila anni di storia, sono soccorsi dall’Onu sulle colline aride e rocciose che da Mosul si espandono nelle regioni occidentali. E la violenza degli estremisti islamici ha visto un’impennata mercoledì notte, quando le sue soldataglie hanno attaccato i villaggi cristiani nelle periferie settentrionali di Mosul. Qui a metà giugno si erano rifugiati circa 40.000 cristiani in fuga. Ora praticamente tutti sono scappati nella zona curda. Testimoni sul posto segnalano oltre 100.000 profughi cristiani arrivati nelle ultime ore a Erbil, la capitale dell’enclave curda con un milione e mezzo di abitanti, e negli altri centri urbani protetti dai peshmerga, i militari curdi.
Nella notte gli Stati Uniti hanno avviato una missione umanitaria, che consiste nell’invio di aiuti paracadutati — in particolare acqua, cibo e medicine — ai civili in fuga. Nell’operazione sono coinvolti anche caccia «per proteggere la missione», secondo la Cnn . Il presidente Obama sta valutando intanto la praticabilità di bombardamenti aerei mirati contro le colonne armate dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), che ai primi di luglio a Mosul aveva proclamato la nascita del «Califfato». Fonti curde e irachene, riportate ieri notte dal New York Times , affermavano che i bombardamenti Usa sarebbero iniziati già in serata contro almeno due obiettivi, nei villaggi di Gwer e di Mahmour. Il Pentagono ha smentito, dichiarando tuttavia la possibilità che a condurre i raid siano state forze alleate degli Usa, «irachene o turche».
Il Pentagono dal 1991 sostiene attivamente i peshmerga e l’enclave curda. Ultimamente la politica americana è stata molto critica nei confronti del premier sciita iracheno Nouri al Maliki, accusato di aver minato l’unità del Paese. I portavoce della Casa Bianca sottolineano che «qualsiasi azione militare sarebbe molto limitata. Non c’è spazio per soluzioni militari americane per i problemi interni dell’Iraq». Il presidente francese François Hollande si è intrattenuto per telefono con il presidente regionale curdo Massud Barzani e si dice pronto a mandare «aiuti di carattere tecnico». Sono sviluppi drammatici mirati a far fronte a una situazione che sembra ormai fuori controllo. I curdi erano apparsi come l’unica forza in Iraq capace di fare fronte ai miliziani sunniti. A metà giugno non solo avevano ricacciato indietro le loro colonne in avanzata dopo la presa di Mosul, ma erano state in grado di batterle sul campo conquistando con poco sforzo la zona petrolifera di Kirkuk. Pure, negli ultimi giorni i soldati del «Califfato» hanno mostrato di essere capaci di rilanciare l’offensiva. Il successo maggiore è stata la cattura dei villaggi cristiani attorno ad Al Qosh e Qaraqosh, le culle del cenobitismo antico. Ieri durante tutta la giornata decine di migliaia di cristiani si sono messi in coda ai posti di blocco peshmerga per scappare. «E’ stata una via crucis, i cristiani marciano a piedi nella torrida estate irachena senz’acqua né cibo. Una catastrofe umanitaria, cui il governo dimostra di non saper porre rimedio. «Abbiamo bisogno dell’intervento internazionale per fermare i jihadisti», ha commentato il patriarca caldeo di Bagdad, Louis Raphael Sako. Tra i motivi di preoccupazione c’è l’avanzata estremista sino alla diga che regola le acque del Tigri sul grande bacino idrico di Mosul. Presto potrebbero decidere di inondare parte del Paese, come già fecero a inizio primavera coi bacini nella zona di Falluja, oppure bloccare il flusso verso sud e le centrali elettriche.
Papa Francesco ha rivolto ieri un «pressante appello alla comunità internazionale» affinché «si attivi per porre fine al dramma umanitario in atto in Iraq». Il Pontefice ricorda che «particolarmente colpite sono le comunità cristiane».

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