Francia, l’austerità spacca il governo Hollande estromette l’ala sinistra

Francia, l’austerità spacca il governo Hollande estromette l’ala sinistra

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PARIGI — Non è nel suo stile, ma François Hollande ha compiuto ieri una vera scelta di rottura: via i ministri che lo criticavano da sinistra, fine — dopo neanche cinque mesi — del primo governo Valls e nascita immediata del Valls II, che dovrà sostenere adesso senza più esitazioni la direzione social-liberale decisa dal presidente.

Aiuti alle imprese per rilanciare l’economia, risanamento dei conti pubblici per restare aggrappati alla Germania: Hollande non rinuncia al suo «patto di responsabilità» e piuttosto che cedere ai ministri ribelli Montebourg, Hamon, Filippetti e Taubira, li caccia. Aiutato in questo dalla fermezza di Valls, che durante il colloquio decisivo all’Eliseo avrebbe detto «o loro, o me».
Il ministro dell’Economia, Arnaud Montebourg, in un’intervista a Le Monde sabato lamentava che i cittadini francesi sono in realtà governati dalla Germania, anzi dalla destra tedesca guidata dalla cancelliera Merkel, schiavi di un rigore che si è dimostrato ampiamente inefficace.
Montebourg proponeva di destinare un terzo dei tagli alla spesa pubblica alle famiglie per «rilanciare il potere d’acquisto e la crescita», «come ha cominciato a fare Renzi in Italia», e auspicava l’abbandono delle politiche di austerità «che non solo non riescono a risollevare l’economia, ma la affossano ancora di più». Poi, domenica, alla «Festa della Rosa» di Frangy-en-Bresse, il paladino del «made in France» Montebourg ha di nuovo criticato il governo parlando — proprio lui, ministro dell’Economia — di una politica economica fallimentare, assecondato dal ministro dell’Educazione, Benoît Hamon, e dalla responsabile della Cultura, Aurélie Filippetti, che ha scritto un tweet di incoraggiamento ai due.
Dopo settimane di fronda interna, Hollande e Valls hanno deciso che era abbastanza. Ieri mattina, mentre Montebourg alla radio assicurava di non essere mai venuto meno «al dovere di solidarietà all’interno dell’esecutivo» dando quasi l’impressione di volere fare marcia indietro, il primo ministro Manuel Valls all’Eliseo presentava le dimissioni del suo governo e otteneva subito da Hollande l’incarico di formarne un altro, «coerente con gli obiettivi fissati dal capo dello Stato». Poche ore dopo, la ministra Filippetti ha reso pubblica una lettera aperta con la quale dava l’addio all’esecutivo e citava l’ultima drammatica riunione di giovedì scorso, quando ai colleghi ha posto la domanda retorica «se adesso dobbiamo vergognarci di essere di sinistra».
Si consuma così la riedizione dell’eterna frattura della sinistra francese, divisa tra liberali alla Michel Rocard (l’altro ispiratore di Hollande, dopo Mitterrand) e socialisti massimalisti. Se la Spd tedesca ha abbracciato l’economia di mercato con il celebre programma di Bad Godesberg nel lontano 1959, François Hollande ha atteso il gennaio 2014 per dichiararsi socialdemocratico, durante una conferenza stampa peraltro dominata dalle parole dette e soprattutto taciute sull’affaire Gayet.
La contraddizione di un governo a due volti era presente sin dal giorno della nascita, il 31 marzo, quando Hollande preferì ancora una volta comporre i dissidi dando l’incarico al centrista Valls ma offrendo il dicastero dell’Economia al campione anti-globalizzazione Arnaud Montebourg. Oggi, 147 giorni dopo, l’equivoco viene chiarito: Valls dovrebbe presentare oggi una squadra senza ala sinistra, con il fedelissimo di Hollande, Michel Sapin, a capo probabilmente di un grande ministero di Economia e Finanze, e la madre dei quattro figli del presidente, Ségolène Royal, fino a ieri responsabile di Ecologia ed Energia, spostata a un dicastero unico dell’Educazione e della Cultura.
La scommessa di Hollande e Valls è che, una volta allontanato dal governo, Montebourg e le sue idee perderanno peso. Ma in Parlamento decine di deputati socialisti dissidenti, contrari a Hollande e fautori di una svolta a sinistra, trovano adesso in Montebourg il loro eroe. Dovessero prendere il sopravvento, le elezioni anticipate sarebbero alle porte.
Stefano Montefiori


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