Esecuzioni di massa a Gaza Hamas fa strage di «spie»

Esecuzioni di massa a Gaza Hamas fa strage di «spie»

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GERUSALEMME – Le condanne a morte stanno appese sul muro. Un volantino per ognuno dei diciotto corpi. «Hanno fornito al nemico informazioni sugli spostamenti dei combattenti, la posizione dei tunnel, le basi di lancio dei razzi. La giustizia rivoluzionaria li ha colpiti». I palestinesi accusati di essere «collaborazionisti» – raccontano i testimoni – sono stati portati fuori dalla prigione centrale di Gaza, le mani legate dietro la schiena, il volto coperto da un cappuccio. Anche i loro boia erano mascherati, il passamontagna nero come le magliette che indossavano. Undici – tra loro due donne – sono stati freddati in un parco vicino alla università Al Azhar, altri sette davanti agli abitanti che uscivano dalla moschea Omari, dopo le preghiere del venerdì. Altri tre erano stati ammazzati due giorni fa.

Hamas reagisce ai raid che tra martedì e giovedì hanno seppellito sotto le macerie il suo stato maggiore: tre capi militari eliminati mentre si riunivano in un bunker scavato nelle fondamenta di un palazzo a Rafah. Il destino di Mohammed Deif, il comandante in capo dell’esercito fondamentalista, è ancora incerto, sembra improbabile che sia sopravvissuto ai cinque missili sparati sull’edificio dove si sarebbe nascosto e dove avrebbe incontrato la moglie e il figlio di otto mesi, tutti e due morti.
Le fazioni temono che la struttura segreta dell’organizzazione sia stata compromessa. Vogliono anche terrorizzare la popolazione di Gaza, nelle ore in cui le truppe irregolari del movimento sembrano più deboli: durante gli otto giorni di guerra alla fine del 2012 le esecuzioni dei «traditori» non erano state sfoggiate in pubblico, ieri l’obiettivo è sembrato anche schiacciare qualunque possibilità di protesta. Come l’ordine di mettere agli arresti domiciliari i leader di Fatah, la fazione laica guidata dal presidente Abu Mazen. Chi ha disobbedito è stato gambizzato.
Il Palestinian Human Rights Center di Gaza ha scritto ad Abu Mazen per chiedere che intervenga contro le esecuzioni sommarie, la pena capitale per tradimento è prevista dalle norme palestinesi: «Qualunque siano le ragioni delle condanne a morte, le autorità e le fazioni devono intervenire per fermarle».
A 47 giorni dall’inizio del conflitto Hamas e gli altri gruppi sono ancora in grado di bersagliare le città israeliane con 75 proiettili, tra razzi e tiri di mortaio. Un bambino di quattro anni è stato ucciso da un’esplosione a Nahal Oz, kibbutz vicino al confine con Gaza. Il padre è riuscito a portare in salvo la sorellina dentro casa, quando è tornato per prendere il piccolo un colpo è caduto nel cortile. Una sinagoga è stata colpita ad Ashdod.
I consiglieri di Benjamin Netanyahu hanno intensificato la campagna che paragona Hamas allo Stato Islamico. Sul profilo Twitter del premier israeliano hanno pubblicato la foto della decapitazione di James Foley in Siria sovrapposta a uno scatto delle uccisioni dei «collaborazionisti» palestinesi. Poche ore dopo, sono stati costretti a togliere l’immagine del giornalista americano e del suo carnefice. «Abbiamo capito che era una questione troppo delicata». Da Gaza anche i leader di Hamas hanno protestato per il parallelo: «Noi siamo un movimento di liberazione popolare».
Davide Frattini


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