La Cgil fa causa al governo

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Colpo di scena sul decreto Poletti. La Cgil ha pre­sen­tato ricorso davanti alla Com­mis­sione Ue, per­ché a suo parere la riforma dei con­tratti a ter­mine viola le nor­ma­tive comu­ni­ta­rie. Una mossa piut­to­sto ina­spet­tata, che ieri ha creato rea­zioni stiz­zite da parte del Pd (il fronte “ren­ziano”) e dagli stessi ambienti del mini­stero del Lavoro. Nes­suna rispo­sta, invece, da parte del mini­stro, né da parte di Mat­teo Renzi.

Eppure, che il sin­da­cato gui­dato da Susanna Camusso stesse stu­diando tutte le pie­ghe della legge, in realtà già si sapeva: lo aveva anti­ci­pato al mani­fe­sto la segre­ta­ria con­fe­de­rale Serena Sorrentino.

Fon­da­men­tal­mente, nota la Cgil nel suo ricorso, la legge 78 (cioè la Poletti) viola la diret­tiva Ue 70 del 1999, la quale sta­bi­li­sce che «il bene­fi­cio della sta­bi­lità dell’impiego è un ele­mento por­tante della tutela dei lavo­ra­tori». Avendo infatti la riforma ita­liana eli­mi­nato la cau­sale per un periodo molto lungo (un minimo di tre anni, ma esten­si­bile con nuove assun­zioni o con i con­tratti nazio­nali), ha di fatto reso il tempo deter­mi­nato la “forma comune” di con­tratto, ribal­tando il prin­ci­pio della stessa direttiva.

«La cau­sa­lità per il ricorso ai con­tratti a ter­mine rap­pre­sen­tava un argine con­tro un loro uti­lizzo impro­prio – spiega la Cgil – Eli­mi­narne la moti­va­zione lascia spa­zio a usi impro­pri che pena­liz­zano il sog­getto debole, cioè il lavo­ra­tore». Ancora, «il com­bi­nato dispo­sto di acau­sa­lità, rin­novi e pro­ro­ghe espone il lavo­ra­tore al rischio di non riu­scire a fir­mare mai un con­tratto “sta­bile” indi­cato come “con­tratto comune” pro­prio dalla nor­ma­tive Ue, con forti pena­liz­za­zioni soprat­tutto per i sog­getti più “a rischio”, ovvero i lavo­ra­tori over 50 e le donne».

Si intro­duce in que­sto modo, denun­cia il sin­da­cato, «un’assoluta discre­zio­na­lità rispetto ai licen­zia­menti», e inol­tre «non c’è alcuna prova sta­ti­stica che all’aumento della pre­ca­rietà cor­ri­sponda un aumento dell’occupazione».

Ma è inte­res­sante leg­gere il ricorso della Cgil, soprat­tutto per­ché sal­tano agli occhi i tanti lati del «bidone» rifi­la­toci dal duo Renzi & Poletti: ad esem­pio, il sin­da­cato nota che «nel limite mas­simo di 36 mesi, il con­tratto a ter­mine è pro­ro­ga­bile libe­ra­mente per non più di 5 volte, indi­pen­den­te­mente dal numero dei rin­novi (il cor­sivo è del testo, ndr). Quindi, se dopo un con­tratto unico esteso 5 volte, si sti­pula un altro con­tratto a ter­mine, anche que­sto potrà essere pro­ro­gato altre 5 volte». Per tra­durre: tutta la scena sulla limi­ta­zione delle pro­ro­ghe che fu fatta nell’iter par­la­men­tare, è stata vani­fi­cata dall’aver lasciato la pos­si­bi­lità di un numero di rin­novi infinito.

«La nuova disci­plina dun­que – spie­gano ancora i legali della Cgil – per­mette di cumu­lare più con­tratti a ter­mine, anche di bre­vis­sima durata e sem­pre pro­ro­ga­bili, nel limite com­ples­sivo dei 36 mesi senza cau­sale giustificativa».

Ma non basta, c’è anche la maga­gna sui som­mi­ni­strati: «Uti­liz­zando la som­mi­ni­stra­zione tra un con­tratto a ter­mine e l’altro – recita il ricorso alla Ue – il mede­simo lavo­ra­tore potrà lavo­rare inin­ter­rot­ta­mente per tre anni senza alcun inter­vallo tra un con­tratto e l’altro». E quella sulle man­sioni: «Il limite dei 36 mesi vale per i con­tratti a ter­mine rife­riti alle stesse man­sioni. Per man­sioni diverse, finito il trien­nio, e pos­si­bile sti­pu­lare altri rap­porti a ter­mine per 36 mesi».

Insomma, il decreto è con­ge­gnato come una vera e pro­pria trap­pola. «La disci­plina del nuovo con­tratto a ter­mine coin­volge già due terzi dei nuovi con­tratti atti­vati, il che signi­fica che le future occa­sioni di lavoro non ten­de­ranno alla sta­bi­lità – con­clude la Cgil – Chie­diamo al governo di porre riparo can­cel­lando le tipo­lo­gie con­trat­tuali fonte di abusi e ripor­tando i con­tratti a ter­mine a un uso fun­zio­nale con pecu­liari esi­genze dell’impresa che ne giu­sti­fi­cano l’utilizzo».

Pro­te­stano e pren­dono in giro, diversi ren­ziani del Pd. Clau­dio Moscar­delli e Fran­ce­sco Sca­lia dicono che «Camusso ricorre ai tri­bu­nali Ue, visto che le piazze non rispon­dono più». Erne­sto Car­bone parla di «freno» e «palude». «Incre­di­bile», dice Mario Mor­goni. Gia­como Vaciago, che è con­su­lente eco­no­mico di Giu­liano Poletti, è ugual­mente acido: «Se il sin­da­cato va in Europa con­tro il pro­prio Par­la­mento, la deca­denza è inar­re­sta­bile». Di «via giu­di­zia­ria al socia­li­smo», parla infine Mau­ri­zio Sac­coni (Ncd).



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