Il blitz fallito e il riscatto da cento milioni

Il blitz fallito e il riscatto da cento milioni

Loading

WASHINGTON — L’Isis voleva molto denaro per rilasciare il giornalista James Foley. Almeno 100 milioni di euro. Ai quali aveva aggiunto un’altra richiesta: il rilascio di alcuni compagni, compresa Aafia Siddiqui, una pachistana detenuta in Texas con l’accusa di terrorismo. I militanti hanno spedito diverse email alla famiglia del reporter e ad alcuni amici nel 2013, ossia un anno dopo il sequestro. Volevano esercitare pressioni psicologiche, ma il prezzo fissato sembrava fuori d’ogni logica e «non serio». Poi, nell’ultimo contatto, sono passati alle minacce pesanti. Prologo alla brutale esecuzione di Foley.
Al retroscena, emerso ieri, se ne è aggiunto un altro, probabilmente collegato. Gli Usa hanno cercato di salvare il giornalista ed altri prigionieri occidentali con una missione delle forze speciali in Siria. Operazione non riuscita perché i cittadini stranieri erano stati spostati. La storia del blitz risale al 4 luglio. Quel giorno fonti locali raccontano di un misterioso episodio. Commandos che indossano divise con insegne americane e giordane sono piombate in elicottero in un villaggio vicino a Raqqa. Hanno «tagliato» le vie di comunicazione, quindi hanno attaccato un covo di terroristi. Passano i giorni, l’episodio viene dimenticato. Ma riappare nella serata di mercoledì, con una rivelazione pilotata dalla Casa Bianca: abbiamo tentato di salvare Foley.
L’intelligence ha raccolto dati ritenuti affidabili sulla presenza dei prigionieri, la dritta viene da una fonte «umana». Forse un membro della Ougaidat, la tribù che aiuta i militanti nella gestione degli ostaggi. O magari ex ostaggi che hanno anche fornito dettagli sulle torture riservate a Foley: in quanto americano era trattato come una bestia, con finte esecuzioni e una crocifissione. Il Pentagono affida il piano alla Delta Force e al 160esimo Special Operations Aviation Regiment, i Night Stalker. Lungo nome per il reparto di sofisticati elicotteri Black Hawk modificati. Sono fantasmi nella notte. Hanno alle spalle tanti blitz, compreso quello che ha portato all’uccisione di Osama. Insieme a loro probabile la presenza degli Osprey, a decollo verticale. Quindi i droni. Partiti da una base amica (Giordania? Turchia?), gli elicotteri toccano terra vicino alla caserma «Bin Laden». Nuclei di commandos bloccano le vie d’accesso mentre il grosso assale il covo. Segue un conflitto a fuoco intenso e la ricerca dei prigionieri.
La ricognizione si chiude senza hurrah: non c’è traccia degli stranieri. La Delta Force si ritira. Un testimone aggiunge: hanno portato via una dozzina di persone, forse islamisti. Una batteria anti-aerea è distrutta. Momenti drammatici. Arriva l’ordine di tutti a casa. Obama sperava di festeggiare il 4 luglio — giorno dell’indipendenza americana — con un annuncio di vittoria. Invece cala il segreto. Ora si discute a lungo sull’intelligence. È inevitabile. Ci si chiede perché il colpo sia andato a vuoto. Quanto era buona la fonte? Poteva finire in un disastro. La risposta è che si doveva tentare. Voci riferiscono che l’unità Usa avrebbe mancato di poche ore due cortei con a bordo figure importanti dell’Isis. E, ovviamente, si litiga sulla questione riscatti. Il governo è sempre stato contrario, però qualcuno ha chiesto polemicamente: abbiano scambiato il soldato Bergdahl con i talebani, perché non si è trattato sul reporter? I colleghi del giornalista spiegano che avevano discusso di raccogliere fondi, ma somme molto più basse dei 100 milioni di euro.
Una parte dell’attenzione è poi puntata sui killer. Indiscrezioni sostengono che i prigionieri sarebbero sotto il controllo di guerriglieri del Caucaso — Georgia e Cecenia — insieme a volontari occidentali, probabilmente britannici, e sauditi della regione di Najd. Criminali che non sono usciti dal mirino americano. Ieri il segretario alla Difesa Hagel ha parlato di strategia di lungo termine in quanto gli estremisti — stimati in 17 mila — possono tornare all’offensiva. Gli Usa, dunque, potrebbero colpire l’Isis anche in Siria, sono pronti a inviare altri 300 marines a Bagdad, vogliono creare una vera base in Kurdistan. Obama aveva escluso «boots on the ground». Invece ha già un migliaio di uomini in Iraq e ne ha mandati in Siria. Non è l’America a decidere, ma il Medio Oriente.
Guido Olimpio


Related Articles

“Spese di difesa da quadruplicare in Europa”

Loading

IL Pentagono vuole quadruplicare la spesa per la difesa in Europa. Il ministero della Difesa americano ha intenzione di riorientare

La ripresa degli sbarchi

Loading

In tre giorni sono approdati sulle nostre coste 5.892 migranti, molti altri arriveranno nelle prossime ore, una media di 2.000 ogni 24 ore

Il Canada verso la legalizzazione?

Loading

In Canada i produttori autorizzati a produrre cannabis per uso terapeutico, legale sin dal 2001, attualmente sono 26 ma ci sarebbero state oltre 1000 richieste, mentre 20 nuove compagnie fanno richiesta di licenza ogni mese

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment