Un veto da Est contro Mogherini «È troppo amica della Russia»
BRUXELLES — Le gocce che hanno fatto traboccare il vaso, dicono qui, sono state due: la visita di Federica Mogherini al Cremlino, anche a nome della presidenza italiana della Ue, dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov; e le dichiarazioni esultanti filtrate subito dopo dalle fonti governative di Mosca: «Il gasdotto South Stream si farà». In due anni, passando dal fondo del Mar Nero a Vienna, con il pieno appoggio politico del governo italiano e con quello tecnico dell’Eni. Anche se l’Ue aveva, ha, bloccato in Bulgaria il capolavoro di Vladimir Putin, considerato uno stratagemma per affamare l’Ucraina e per controllare metà dell’Europa. Anche se l’Ue aveva, ha, discusso sanzioni contro gli interessi economici oltre che diplomatici di Mosca.
Ieri, improvvisamente, con la presidenza italiana della Ue che sembrava lanciare segnali diversi, il vaso è dunque traboccato: secondo il Financial Times , un gruppo di nazioni dell’Est Europa ha concordato di opporsi alla candidatura di Federica Mogherini, attuale ministro degli esteri italiano, al posto di «mister Pesc» o Alto rappresentante agli affari esteri di tutta la Ue. Il gruppo ha una sua consistenza, anche diplomatica: è guidato dalla Polonia, molto vicina agli Usa di Barack Obama e avviata ormai a diventare una potenza economica, e composto dai Paesi baltici, cioè Lituania, Estonia e Lettonia. Tutti ex sudditi dell’Urss, oltre che protagonisti di rivolte indipendentiste contro Mosca, e due fra loro — Estonia e Lettonia — popolati da forti minoranze russe che hanno dato segni di inquietudine sulla scia dei loro «compatrioti» in Crimea o in Ucraina Orientale. In ognuno di questi Paesi, il ricordo dell’Urss e oggi la presenza della Russia che sgomita non suscitano generalmente grandi entusiasmi. Mentre l’Ue, e più ancora la Nato, sono viste come scudo protettivo, politico, economico e militare. Ecco perché l’appoggio offerto a Putin sul tema South Stream dal nostro ministro Mogherini, e dal primo ministro Matteo Renzi, nel quadro della presidenza italiana della Ue, ha suscitato preoccupazione e malumore. Né è piaciuto l’annuncio di quel vertice autunnale, a Milano, dove Putin dovrebbe ovviamente comparire come interlocutore protagonista: nei giorni in cui l’Ucraina formalmente alleata dell’Ue, e messa a dieta del gas russo, comincerà ad affrontare i freddi dell’inverno. Ci sono altri ragionamenti in ballo. Mogherini neo-ministro degli Esteri europeo — ecco la riflessione lasciata filtrare l’altro ieri da qualche fonte polacca ai Bruxelles — dovrebbe rappresentare gli interessi di tutti i 28 Paesi, compresi quelli baltici più a contatto con l’orso russo, e la Polonia: e un appoggio così aperto a un’opera geostrategica per il Cremlino farebbe temere proprio per la difesa di questi interessi. Un ultimo argomento, infine, gioca il suo ruolo al tavolo della nuova Commissione: i Paesi dell’Est ritengono di essere finora sotto-rappresentati. Ecco perché potrebbe vincere una candidatura di compromesso, quella della bulgara Kristalina Georgieva. Non conforta gli scontenti la sbiadita esperienza vissuta con lady Catherine Ashton, precedente «ministro degli esteri» della Ue, o la zoppicante mediazione svolta durante la crisi ucraina.
Vecchi timori e recenti suscettibilità convergono in questo groviglio diplomatico. Per non parlare degli interessi economici: South Stream, opera Gazprom, nasce con la collaborazione dell’italiana Eni, della francese Edf, e della tedesca Wintershall. È atteso naturalmente da molti Paesi, come arteria di energia. Ma secondo Bruxelles, il suo obiettivo precipuo potrebbe anche essere quello di minare l’indipendenza e la sicurezza energetica della Ue, e di isolare l’Ucraina. Anche da tutto questo, ora, dipenderà il ruolo dell’Italia nella nuova Commissione Europea.
Luigi Offeddu
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